Inaugurando il “Parco della memoria” dedicato alle vittime del terremoto dell’Aquila del 2009 il Presidente del Consiglio Mario Draghi non ha potuto fare a meno di sottolineare due tristi realtà. Il sisma ha avuto un impatto drammatico sull’economia dell’area colpita dal sisma, con una perdita di circa 200 milioni di euro all’anno di valore aggiunto. Come se non bastasse, ancora oggi, a distanza di dodici anni, la ricostruzione, soprattutto degli edifici pubblici, procede a rilento. Su quest’ultimo aspetto, negli ultimi anni i professionisti tecnici hanno insistito ripetutamente. In una ricerca diffusa nel 2018 la Rete Professioni Tecniche esplicitava nei minimi dettagli tutti gli elementi del processo burocratico e procedurale che ostacolavano la ricostruzione. Non una mera questione di finanziamenti, dunque. Draghi ha detto agli aquilani che è arrivato il momento di accelerare e che il Governo è pronto a varare un pacchetto di interventi da 1,78 miliardi di euro che riguarderanno anche le zone colpite dai terremoti del 2016 e 2017. A queste risorse vanno anche aggiunte quelle destinate al progetti attivati in questi territori nell’ambito del Pnrr. I soldi, quindi, ci sono. Di conseguenza, l’unica domanda è: riusciremo a spenderli presto e bene? Le risorse saranno gestite dal Commissario straordinario per la ricostruzione, affiancato da una cabina di coordinamento composta dai presidenti delle regioni e dai sindaci dei comuni interessati, oltre che dalle strutture tecniche di missione. Il che dovrebbe garantire grande velocità nella realizzazione dei bandi e nell’assegnazione degli appalti, in deroga alle norme ordinarie. Una sorta di modello Genova anche per le zone colpite dal sisma. Funzionerà? Deve funzionare per forza, verrebbe da dire. Già, perché la sensazione è che per l’Aquila e le altre sfortunate aree del centro Italia questa sia davvero l’ultima occasione.