Nei giorni scorsi sull’Huffington Post è apparso un interessante articolo di Adriano Bonafede che avanza, argomentandole, una serie di critiche al Superbonus 110%. In particolare, l’autore prende in prestito dal Premier Mario Draghi il concetto di “distorsioni”, a partire dalle ingenti somme investite dallo Stato per finanziare il provvedimento, per finire con l’aumento straordinario dei prezzi delle materie prime necessarie per la realizzazione degli interventi edilizi. Tra le distorsioni più gravi Bonafede cita l’esplosione delle frodi che avrebbero generato operazioni fittizie per 4 miliardi di euro.

In attesa di avere conferme certe in merito a quest’ultimo dato, gli argomenti relativi all’aumento dei prezzi delle materie prime appaiono sinceramente deboli. Che l’esplosione dell’attività edilizia generata dal Superbonus 110% possa aver causato un ritocco in alto dei prezzi è nell’ordine delle cose. Tuttavia, attribuire in toto al provvedimento i clamorosi rincari di cui ognuno di noi ha sentito parlare appare davvero singolare. Ormai è di dominio pubblico il fatto che i prezzi delle materie prime sono schizzati alle stelle a livello mondiale, anche in seguito al fatto che paesi come la Cina ne detengono ingenti quantità e in una fase di elevatissima domanda su scala planetaria ne determinano il prezzo come meglio credono. O forse vogliamo attribuire al Superbonus 110% i rincari dell’ordine del 50% di luce e gas che stanno per travolgere tutti i consumatori?

Va riconosciuto a Bonafede il fatto di ammettere che il provvedimento ha svolto un ruolo decisivo nel rilancio del comparto edilizio. Tuttavia, avanza dubbi sui benefici indiretti in termini di rilancio dell’economia, di maggiori introiti fiscali e di maggiore occupazione: “nessuno ha portato la prova che il 110% si autofinanzia, perché non è così e non può essere così”, afferma. Sulla nostra testata abbiamo dato ripetutamente prova del contrario. Ad esempio pubblicando una nota del Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri che, sulla base di ragionevoli stime, attesta come, a fronte di una determinata spesa da parte dello Stato, il Superbonus 110% generi una produzione aggiuntiva doppia rispetto all’investimento. Forse il provvedimento non si autofinanzierà in toto, ma a conti fatti l’onere conclusivo per la collettività sarà minimo. Uno sforzo che sarà valsa la pena di fare, in cambio, ad esempio, del tanto sbandierato balzo del Pil a oltre il 6% o del netto incremento occupazionale. Ancora non abbiamo la prova, come pretende Bonafede, perché sinora abbiamo ragionato sulla base di stime. Ma siamo sicuri che, non appena avremo a disposizione i dati reali, questi ci daranno le attese conferme e parleranno decisamente a favore del Superbonus 110%. 

Il resto delle critiche avanzate dal giornalista attengono al ridotto numero di cittadini che hanno deciso di beneficiare del provvedimento, vuoi per paura del fisco, vuoi per la complessità dei provvedimenti e della difficoltà di mettere d’accordo i condòmini, vuoi per gli innumerevoli piccoli abusi o difformità edilizie che avrebbero bloccato l’iter. Tutte osservazioni condivisibili e che, non a caso, vedono impegnati i professionisti tecnici in una serie di proposte finalizzate al miglioramento del provvedimento. In futuro sarà opportuno fare di tutto per allargare la platea dei beneficiari. Ma il fatto che nel 2021 solo una minoranza degli italiani abbia deciso di approfittare degli incentivi fiscali, non è una buona ragione per buttare tutto all’aria.

L’articolo di Bonafede merita comunque di essere letto perché non manca di un certo equilibrio e in sostanza descrive il Superbonus 110% come un bicchiere mezzo vuoto. Noi, al contrario, lo vediamo mezzo pieno. Anzi, riteniamo che a breve i dati ufficiali ce lo faranno vedere pieno per trequarti.