MARGIOTTA 

Attivo dal 1999, il Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri in oltre venti anni di attività ha prodotto analisi, rapporti e documenti che hanno offerto una descrizione puntuale delle caratteristiche e delle problematiche della categoria, oltre a rappresentare una solida base per le interlocuzioni politico-istituzionali del CNI. Inoltre, molti dei rapporti del Centro Studi CNI hanno contribuito ad alimentare dibattiti su temi centrali per il Paese. Ne parliamo col suo Presidente Giuseppe Maria Margiotta.

Qual è la direzione intrapresa dal Centro Studi nel corso della sua presidenza?

“Il Centro Studi ha ormai una storia consolidata che precede quella dei dipartimenti della Fondazione CNI. Siamo il primo Consiglio che, dopo la riforma, ha visto costituirsi la Fondazione CNI ed il Centro Studi confluirvi come suo dipartimento ma lo spirito e la sostanza sono rimasti immutati. Nel corso del tempo il Centro Studi ha prodotto studi e rapporti  che sono stati alla base delle discussioni interne e delle proposte della categoria e che in molte occasioni hanno offerto lo spunto per importanti dibattiti di interesse generale. Noi abbiamo voluto muoverci in linea con questa importante tradizione. Attualmente il Centro Studi analizza e monitora tutti i fenomeni che riguardano l’intero mondo dell’ingegneria, con particolare riferimento al sistema ordinistico, all’università, ai bandi pubblici. Tutto questo rappresenta la nostra attività di base, incentrata sulla massima attenzione nei confronti dell’analisi statistica. Negli ultimi tempi, inoltre, abbiamo deciso di concentrarci in modo particolare su temi di interesse generale, ad esempio il Superbonus 110%, andando oltre gli aspetti squisitamente tecnici ed estendendo l’analisi nel campo economico. Infine, abbiamo dato spazio anche ad approfondimenti specifici. Ad esempio abbiamo dedicato un anno di lavoro ad uno studio sui contratti di ingegneria nel settore privato e i profili di responsabilità cui vanno incontro i professionisti, con l’ausilio dei nostri consulenti storici. A questa attività, tra l’altro, si collegano gli studi e gli approfondimenti che sono stati alla base del lancio di Racing, la polizza professionale collettiva riservata agli iscritti all’Albo gestita dalla Fondazione. Senza contare i numerosi webinar di carattere divulgativo che abbiamo approntato sul tema e che hanno avuto un lusinghiero successo. Questa continua osmosi di risorse, soprattutto umane, tra Fondazione e Centro Studi è uno dei punti di forza del nostro sistema”.

Come da lei accennato, spesso i rapporti del Centro Studi diventano la base di discussione di importanti dibatti pubblici. Ad esempio, l’analisi dei costi per le ricostruzioni post sisma pubblicata ormai molti anni fa, ancora oggi viene richiamata tutte le volte che si parla di terremoti. Che ruolo svolge il Centro Studi nel dibattito politico nazionale?

“Viviamo un tempo in cui tutti i mezzi di informazione sono popolati da opinionisti che si avventurano in considerazioni di carattere, per così dire, filosofico. Avere dati certi, elaborati da professionisti credibili e competenti, rappresenta un patrimonio utile ed affidabile. Da questo punto di vista si può senz’altro dire che il Centro Studi, e più in generale la categoria degli ingegneri, svolgono un ruolo significativo nel dibattito politico. Se penso, ad esempio, alle nostre analisi sul ruolo ed i numeri delle donne nel mondo dell’ingegneria, aggiornato proprio in questi giorni, mi viene da pensare che su certi temi siamo certamente avanti rispetto ad altri. Il Centro Studi fornisce ad esempio dati ed elementi di valutazione al Consiglio Nazionale, che hanno permesso e permettono alla categoria di risultare sempre attendibile nelle sue analisi e nelle sue proposte, sia nei confronti del Governo che dell’opinione pubblica”.

Oggi la discussione quotidiana verte sul Pnrr, i Superbonus 110%, il rilancio economico del Paese. Sulla scorta delle vostre analisi, che opinione si è fatta su questi temi?

“Per molti anni noi abbiamo auspicato un forte rilancio delle attività pubbliche nell’ottica di una politica espansiva. In seguito alla pandemia, finalmente questa politica si sta realizzando. La nostra lunga esperienza ci insegna una cosa: se gli ingegneri tornano a lavorare significa che l’economia del Paese è in buona salute. In fondo era già accaduto negli anni ‘60 all’epoca del boom economico. Quel fenomeno fu possibile perché molte risorse furono destinate alle opere pubbliche, tutto il settore dell’edilizia tirava e si era creato un circolo virtuoso. Ora noi non sappiamo quanto durerà l’attuale trend positivo. So solo una cosa: se riparte il mondo delle costruzioni, riparte l’economia. Oltre tutto, a differenza del passato, stiamo investendo sul mantenimento e miglioramento dell’esistente, ne è un ottimo esempio lo strumento del Superbonus. Tutti interventi che non comportano un ulteriore uso del suolo e quindi non hanno un impatto negativo sul territorio”.

Uno dei servizi consolidati del Centro Studi è il monitoraggio dei bandi. Che bilancio fa di questa attività?

“In generale è un servizio che, al di là dei dati specifici, ci consente di comprendere l’andamento dell’attività pubblica nel nostro settore. Non mancano le criticità. In generale direi che il nostro grido di dolore sul tema dell’eccessiva burocrazia sostanzialmente non è stato accolto, se non in minima parte dai decreti che si sono susseguiti. Speravamo in una rivoluzione della PA, ma non c’è stata. Tuttavia, le anomalie si vanno riducendo e in un certo modo stabilizzando. Registriamo che le varie modifiche legislative in tema di lavori pubblici non hanno stravolto la routine e dunque, paradossalmente, stiamo ottenendo comunque dei buono risultati in termini di efficienza amministrativa”.

Altro servizio ormai classico è l’analisi del mercato dei servizi di ingegneria e architettura. Quali sono gli andamenti?

“Negli anni passati assistevamo ad un calo costante di questo mercato, una discesa che sembrava senza fine. Poi, ad un certo punto, abbiamo registrato un’inversione di tendenza che nemmeno la crisi causata dalla pandemia ha intaccato più di tanto. Il trend di crescita prosegue, ma - del resto - che gli indicatori economici siano attualmente positivi lo dice la realtà”.

Il Centro Studi monitora anche i laureati in ingegneria, gli abilitati all’esercizio della professione, gli iscritti all’Albo. Che quadro trae, sulla base dei dati disponibili?

“In generale non possiamo evitare di segnalare la presenza di una sorta di buco, per non usare l’abusato “bug”, rappresentato da quei professionisti che il sistema ordinistico non riesce ad intercettare. Mi riferisco naturalmente a tutti gli ingegneri che operano nel campo dell’ingegneria dell’informazione e, più in generale, della comunicazione. Inoltre, restano ampi i settori industriali che non manifestano interesse per l’Ordine. Ciò accade soprattutto a causa di un sistema deregolamentato che sottrae il professionista all’Ordine e lo lascia da solo nel rapporto col committente, alla mercé del mercato. Una soluzione potrebbe essere quella della certificazione delle competenze, intesa come servizio reso in forma di terzietà, che vedrebbe addirittura un maggiore interesse da parte degli ingegneri con le specializzazioni più spinte ”.

Tra i vostri rapporti più citati ci sono quelli sulle donne in ingegneria. Cosa ci raccontano?

“Persistono dei problemi che sono però lo specchio di una situazione più generale. Rispetto a certe professioni in cui la differenza di genere ormai da tempo non è più percepita, penso agli avvocati o ai commercialisti, quella di ingegnere è stata vista tradizionalmente come una professione maschile, e lo è stata fin quasi agli anni ‘80. Però il gap si sta progressivamente colmando. Negli ultimi anni molti passi in avanti sono stati fatti anche se il percorso non è completato e resta ancora molto da realizzare, soprattutto in termini di differenze salariali e di progressione nella carriera, ma si tratta di problemi strutturali del nostro paese. Il problema segnalato prima sulle specializzazioni che sfuggono agli Ordini rende meno evidente il crescente apporto dell’ingegneria al femminile, perché molte colleghe hanno scelto settori più innovativi e dunque più difficilmente traducibili in iscrizioni all’Albo.

È un processo forse lento ma direi irreversibile. Oggi le donne hanno un peso ormai significativo nel mondo dell’ingegneria e, da questo punto di vista, l’Italia si difende molto bene nel confronto con gli altri paesi europei, su cui vantiamo un trend decisamente migliore, ad esempio, nelle cosiddette discipline STEM.