“Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet?” – “Quanto a lungo ancora questa tua follia si prenderà gioco di noi?”.

Con ogni probabilità, i più non riconosceranno questa invettiva che, invero, è solitamente anticipata da un ben più conosciuto: “Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?”.

Moderni Ciceroni – i Dottori Commercialisti ed esperti Contabili – che, da ormai quasi un anno, sono ancora in attesa di esercitare compiutamente il proprio diritto al voto per il rinnovo degli Ordini territoriali e del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCEC).

In seguito al primo stop dello scorso aprile dettato dal TAR Lazio e dovuto all’assenza del principio di parità di genere – art. 51 Cost. - nel regolamento elettorale telematico approvato dal CNDCEC, negli ultimi mesi la procedura di rinnovo ha incontrato un’ulteriore battuta d’arresto: pare che questo rinnovo degli organi di governo dei commercialisti proprio “non s’ha da fare”.

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

Nel mese di settembre, il TAR Lazio – con ordinanza n. 5547/2021 – ha disposto la sospensione della delibera CNDCEC, datata 4 giugno 2021, attraverso la quale il Consiglio Nazionale aveva indetto le elezioni per il rinnovo degli Ordini territoriali e del Consiglio Nazionale. Il “nodo gordiano” atteneva e attiene al coordinamento di due norme: il D.Lgs. 139/2005 (norma di costituzione e regolazione dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili) e il D.L. 293/1994, convertito dalla L. 444/1994 (Disciplina della proroga degli organi amministrativi).

Sostanzialmente, la domanda sottoposta all’attenzione dei giudici amministrativi è la seguente: il CNDCEC è pienamente legittimato nell’indire la procedura elettorale, nonostante il termine del mandato previsto per legge sia decorso?

La normativa ordinistica, lex specialis e posteriore rispetto al D.L., prevede all’art. 25, co. 5, che l’elezione del nuovo Consiglio Nazionale debba svolgersi almeno trenta giorni prima della scadenza del Consiglio in carica e che, medio tempore, fino all’insediamento del nuovo, rimanga in carica il precedente. Nella pienezza dei suoi poteri? La norma nulla dice a riguardo.

Il D.L. del 1994, invece, prevede una disciplina generale in merito alla proroga degli organi amministrativi, con conseguenze chiare e precise. L’art. 1, nel delineare il campo di operabilità della norma, prevede che questa si applichi “agli organi di amministrazione attiva […] dello stato e degli entri pubblici, nonché delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, quando alla nomina dei componenti di tali organi concorrono lo Stato o gli enti pubblici”, prevedendo espressamente la sola esclusione degli enti territoriali di varia natura.

Prima di procedere alla disamina successiva, non può non evidenziarsi come la norma sia sufficientemente limpida e non permetta interpretazioni fantasiose e che esulino dal contesto letterale della stessa. È importante sottolineare come il concetto di “nomina” sia ben diverso da quello di “elezione”. La prima si sostanzia in una scelta maggiormente autoritativa e discrezionale di una ristretta cerchia di soggetti, la seconda riguarda una procedura “democratica” ad ampia legittimazione attiva. Abbastanza chiaro che quelle dei rinnovi degli organi ordinistici siano procedure elettorali e non di nomina.

Detto ciò, è opportuno proseguire con l’analisi della normativa. Dopo aver previsto – ai sensi dell’art. 2 - la pienezza dei poteri degli organi eletti nel periodo di durata del proprio mandato e la necessaria ricostituzione degli stessi nel medesimo termine, il successivo art. 3 dispone che gli organi amministrativi non ricostituiti nei predetti termini sono prorogati per un periodo non superiore ai quarantacinque giorni; che nel periodo di prorogatio, gli organi scaduti possono adottare solo gli atti di ordinaria amministrazione, nonché atti urgenti motivandone accuratamente circa le ragioni; che gli atti che esulano dalle suddette tipologie sono affetti da nullità.

In conclusione, a chiusura del cerchio, l’art. 6 prevede che, decorso infruttuosamente il termine di quarantacinque giorni ai fini della ricostituzione dell’organo, questo è soggetto a decadenza con la conseguente nullità di tutti gli atti adottati e l’opportuna responsabilità di condotta dei presidenti degli organi collegiali non ricostituiti.

Ecco, quindi, palesarsi le ragioni della sospensiva disposta dal TAR Lazio: il provvedimento di indizione delle elezioni è stato sospeso in quanto i giudici romani hanno inteso applicare la disciplina dettata dal D.L. 194/1994 e, nello specifico, hanno dubitato che il CNDCEC fosse, addì 4 giugno 2021, nella pienezza delle proprie funzioni in quanto ben oltre i quarantacinque giorni di prorogatio. Si è ritenuto, apparentemente e cautelativamente, che la delibera di elezioni fosse quindi nulla. Secondo i giudici di via Flaminia, il Ministero della Giustizia “avrebbe dovuto prendere atto dell’intervenuta decadenza del Consiglio nazionale in carica e nominare al suo posto un commissario, il quale avrebbe dovuto fissare lui la data delle elezioni dei Consigli dell’Ordine territoriali. E solo dopo le elezioni di tali Consigli territoriali, si sarebbero dovute indire le elezioni per la formazione del nuovo CNDCEC”.

Tale ricostruzione, tuttavia, non ha persuaso il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili che ha impugnato l’ordinanza cautelare al Consiglio di Stato che, lo scorso 19 novembre, ha pubblicato il testo della propria ordinanza con cui ha ribaltato le conclusioni del TAR Lazio.

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

Le doglianze cautelari del Consiglio Nazionale sono state accolte sulla base dei seguenti presupposti, più o meno condivisibili. La ricostruzione del Tribunale amministrativo, in base alla quale è stata concessa la sospensione della delibera, è considerata “monca”, alla luce della stessa ammissione del TAR secondo cui alcuni punti di diritto del CNDCEC in ordine ad una “ricostruzione esegetica incline a preservare la continuità operativa dell’organo attualmente in carica” non potevano essere oggetto di analisi in sede cautelare. In più, secondo i giudici di Palazzo Spada risulta necessario procedere ad un doveroso approfondimento di merito circa questioni sollevate in prime cure e non deliberate dal TAR come, tra le altre, la piena autonomia della normativa ordinistica - rectius art. 25, co. 14, d.lgs. 139/2005 che dispone la permanenza in carica dell’uscente Consiglio fintanto che non subentri il nuovo – rispetto al generale e temporalmente precedente regime di prorogatio previsto dalla decretazione d’urgenza del 1994. Da ultimo, se da un lato si è condivisa insieme al TAR l’opportunità “di non far eleggere ed insediare organi eletti in violazione di norme imperative”, dall’altro non si è ritenuto possibile trascurare che la medesima esigenza resterebbe immutata anche nell’ipotesi di un commissariamento da parte dell’organo in carica. Evenienza che secondo il Consiglio di Stato sarebbe comunque da scongiurare nelle more degli approfondimenti di merito.

Il Consiglio di Stato, con proprio provvedimento cautelare d’appello n. 6206/2021, ha quindi riformato l’ordinanza impugnata del TAR Lazio facendo riespandere l’efficacia della delibera d’indizione delle elezioni.

La seduta di merito del prossimo 22 febbraio astrattamente non porrà termine a questa controversia che pare essere destinata a concludersi con un appello di merito in Consiglio di Stato. Ciò detto, non bisogna comunque sottovalutarne la portata al fine di comprendere meglio le posizioni del giudice romano in merito all’applicabilità del regime di prorogatio degli organi amministrativi. La particolare attenzione è dovuta alla situazione molto simile in cui versa l’attuale assetto ordinistico degli Ingegneri. Il Consiglio Nazionale Ingegneri è attualmente in fase di ultimazione del regolamento telematico che, a valle della sentenza del TAR Lazio n. 11023/2021, deve essere integrato con il principio di parità di genere di cui all’art. 51 Cost.

Nel frattempo, la bozza di regolamento dovrà attraversare i corridoi di via Arenula che, auspicabilmente, la dovrà licenziare nel più breve tempo possibile. Intanto, il mandato del CNI sta per scadere e l’indizione delle elezioni per il rinnovo degli ordini territoriali e dello stesso CNI deve essere ancora deliberata.

Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?

Nell’attesa che gli uffici della Ministra Cartabia possano esprimersi nel merito del regolamento elettorale, auspichiamo che l’ “eterno ritorno” di “Nietzschiana memoria” possa essere un’evenienza sempre più remota per la categoria degli Ingegneri.