Nel 2020 sono state circa 366 mila le persone che hanno dichiarato, nelle interviste somministrate per il rapporto Istat/Eurostat 2020, di aver subito un infortunio sul proprio posto di lavoro. I numeri sono decisamente alti e rappresentano circa l’1,4% della forza lavoro totale. Lo studio del 2020, è opportuno ricordarlo, presenta dei dati che vanno analizzati con cautela per via dell’emergenza pandemica che ha sensibilmente alterato gli esisti che sono solo parzialmente confrontabili con le vecchie rilevazioni del 2007 e del 2013.
 
In termini di numeri assoluti, infatti, rispetto al 2013 sono assenti dal conto generale oltre tre milioni di lavoratori che sono stati tenuti lontani dal proprio posto di lavoro appunto dal Sars-Covid-19. Le misure restrittive del governo, oltre che le politiche compensative che hanno incentivato lo smart working e la cassa integrazione, hanno infatti in un certo senso “prevenuto” l’incidenza infortunistica nel 2020.
 
Questa incongruenza nei dati è presente anche nelle denunce Inail dove, nel 2020, si nota una diminuzione del numero assoluto di denunce per infortunio, che si attesta intorno a 506mila . Si tratta di un valore superiore ai 366 mila infortuni dell’Istat perché l’Inail, lo ricordiamo, stima gli infortuni e non le persone infortunate e inoltre include tra gli infortuni sul lavoro anche quelli collegati all’infezione da Covid-19 se contratta in ambito professionale. Si stima che i casi di infezione da Covid sul posto di lavoro siano stati circa 130 mila nel 2020.
 
La parziale e relativa poco attendibilità del dato comparato è testimoniata dal fatto che il nuovo dato Inail, relativo ai primi nove mesi del 2021, segnala un ritorno a una situazione infortunistica pre-pandemica con un aumento degli infortuni.
 
Nello specifico gli infortuni nel 2020 sono ancora più diffusi tra gli uomini che rappresentano il 67,1% del totale, con un tasso dell’1,7% della forza lavoro, dato che è significativamente più elevato rispetto al numero delle donne infortunate che è pari a 1,1%.
 
Sono oltre 39 mila, invece, gli stranieri che hanno dichiarato di aver subito un infortunio e sono in numero assoluto il 10,7% degli infortunati, una quota che anche complice la pandemia è in diminuzione rispetto al passato.
 
Geograficamente si nota una maggiore incidenza degli infortuni al nord che rappresentano Il 58,3% degli infortunati, mentre la restante quota è equamente distribuita tra Centro e Mezzogiorno, nel Centro l’incidenza (pari a 1,6%) è decisamente più elevata di quello del Mezzogiorno (1,1%). Bisogna anche tener conto che nel Mezzogiorno si assiste comunque anche a una certa riluttanza culturale nello sporgere denuncia, motivo per cui il dato sembra essere basso.
 
Gli infortuni non sono stati, comunque, di lievissima entità: solo il 18,6% degli infortunati è stato assente dal lavoro meno di quattro giorni, quasi un quarto (il 23,6%) è stato assente per un periodo compreso tra i quattro giorni e le due settimane, quota in linea (22,4%) con quella di chi ha avuto problemi di più lunga durata facendo registrare un’assenza da uno a tre mesi. Il 6,5% degli infortunati, invece, ha presentato delle entità gravi ed è stato assente per più di tre mesi, mentre lo 0,5% non ha più potuto lavorare a causa dell’infortunio subito.
 
Sono circa 50mila gli infortunati (13,5% del totale) che dichiarano di aver subito l’infortunio in strada prestando la propria attività lavorativa come conducenti, passeggeri di veicolo o da semplici pedoni.
 
Complice anche la difficile situazione sanitaria della pandemia attualmente in corso, oltre agli operai, sono stati i sanitari i lavoratori più esposti a rischio malattie e/o infortuni nel 2020. Gli operai, infatti, rappresentano, sia statisticamente che storicamente, la tipologia di lavoratori più soggetta al rischio di incidente, contando in termini assoluti circa la metà degli infortunati per un totale di 164mila lavoratori che hanno subito un infortunio. Il numero più basso lo si registra, invece, tra i dirigenti e i quadri (0,6%), per quanto riguarda i lavoratori dipendenti, e tra gli imprenditori e i liberi professionisti (0,2%), per i lavoratori autonomi.
 
Se circa un quarto degli incidenti ha coinvolto direttamente lavoratori dell’Industria in senso stretto, l’altro dato elevato di incidenza lo si registra tra i lavoratori della Sanità (3,0%). Nel 2020, i lavoratori operanti nei comparti della Sanità (che per effetto della pandemia hanno addirittura aumentato il loro monte ore nonché la loro esposizione al rischio), non essendosi mai fermati e avendo anzi dovuto effettuare prestazioni lavorative aggiuntive straordinarie, non solo presentano una incidenza di casi molto più elevata che in passato, ma sono anche l’unica categoria a mostrare un tasso di infortunio più alto nel 2020 che nella precedente rilevazione del 2013.