Se nell’immaginario collettivo la transizione ecologica è un fenomeno associato alle rivendicazioni di Greta, ai piani che prevedono alberi da piantare, alle distese marine tropicali incontaminate finalmente plastic free, nella realtà la transizione ecologica apre scenari inimmaginabili sui quali verranno giocate le guerre geopolitiche dei prossimi anni.


Per cambiare radicalmente il volto della produzione industriale orientandola verso un futuro più sostenibile, serviranno, infatti, nuove materie prime e serviranno strategie ad hoc per potersene servire. Rame, litio, cobalto sono solo alcuni degli elementi che sono destinati a cambiare i rapporti di forza tra le varie nazioni.


In questi nuovi rapporti strategici di potere cambia anche il rapporto tra decisione e strategia: se da una parte è molto semplice stabilire che da un certo anno non potranno più viaggiare i veicoli non elettrici, dall’altra è molto complesso adottare tutte quelle misure capaci di attuare questo piano senza dover restare indietro.


Per dare conto delle dimensioni del fenomeno e della dimensione dei cambiamenti apportati dalla rivoluzione ecologica, bisogna considerare che la sola Europa, che non rappresenta il maggiore mercato mondiale, per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione al 2050 avrà bisogno, rispetto all’attuale approvvigionamento per le batterie dei veicoli elettrici e lo stoccaggio dell’energia, di una quantità di litio 60 volte superiore e 15 volte superiore di cobalto. Inoltre la domanda di terre rare, ovvero quegli elementi chimici più rari utilizzati nei magneti permanenti, nei veicoli elettrici, nelle tecnologie digitali o nei generatori eolici, potrebbe decuplicare entro il 2050.


Secondo gli analisti di settore che si occupano di ingegneria ambientale, i metalli che serviranno alla rivoluzione ecologica e al superamento del combustibile fossile saranno principalmente: rame, litio e cobalto, platino (e PGM), Indio e Molibdeno.


Alcuni sono molto conosciuti ed utilizzati nel nostro quotidiano, altri come l’indio o il molibdeno sono decisamente meno noti. Il rame è tra i metalli la cui domanda crescerà a dismisura nei prossimi anni. Le ragioni principali sono due: in primis la necessità di rame per il cablaggio delle reti che dovrà soddisfare un fabbisogno crescente soprattutto da parte dei Paesi in via di sviluppo. Basti pensare che, secondo stime Bloomberg NEF, la rete elettrica globale crescerà di 48 milioni di chilometri (30 milioni di miglia) entro il 2050, ovvero la lunghezza necessaria ad avvolgere la circonferenza della Terra quasi 1.200 volte ed equivale a un raddoppio della domanda di rame nei prossimi anni. In secondo luogo la domanda schizzerà perché il rame è considerato il materiale principe per il trasporto dell’energia elettrica. È infatti fondamentale per interconnettere sottostazioni, stringhe o impianti non concentrati, ma che in ottica di energy transition sono distribuiti. Concretamente ci sarà bisogno di più massa di rame per unità di elettricità (kWh) rispetto ad esempio a quella necessaria per la produzione di elettricità da fonti tradizionali. Il problema sarà adeguare l’offerta alla domanda dato che la maggior parte delle miniere di rame sono state pensate per fare fronte a un altro tipo di utilizzo molto più limitato.

Sul litio, invece, si gioca già una battaglia geopolitica tra Serbia e la multinazionale australiana Lio Tinto che ha un piano per “invadere” Belgrado; il paese slavo, infatti, possiede uno dei più grandi giacimenti in Europa di questo metallo, elemento fondamentale per tutte le batterie che normalmente alimentano i nostri dispositivi elettronici, dagli smartphone ai tablet, fino addirittura alle auto elettriche, che sono tutti alimentati, infatti, a ioni di litio. In alcune zone del mondo come l’Europa esso scarseggia, la stragrande maggioranza delle risorse sono concentrate in Sud America, soprattutto in Bolivia, Cile e Argentina, paesi dove la Cina ha già messo le proprie mani tessendo rapporti in funzione della Nuova via della seta.

Il litio, come del resto il cobalto, è considerato un elemento fondamentale per favorire lo sviluppo di un’economia sostenibile, soprattutto in vista di ridurre l’impatto ambientale dei processi industriali. Esso fa parte della elite ristretta del “nuovo oro”, ovvero quelle risorse che si fanno strada nella scala di priorità dell’industria globale. Allo stato attuale il litio non è un materiale scarso in natura e le maggiori difficoltà non sono tanto nella reperibilità ma nella tecnologia necessaria per l’estrazione e lavorazione del litio (basti pensare che il litio estratto in Europa è trasformato fuori dal Continente), tecnologia su cui stati come la Russia e la Cina stessa stanno scommettendo da anni.

Materie prime

La reperibilità del litio, però, non è destinata a rimanere invariata, infatti stando alle stime Bloomberg, la domanda di litio crescerà di almeno 10 volte rispetto al valore attuale, raggiungendo i 95,3 miliardi di dollari entro il 2030, crescendo ad un tasso annuo del 17,1%. Merito soprattutto dell’espansione della mobilità elettrica e della produzione di energia da fonti rinnovabili, che richiederanno una maggior quantità di sistemi di accumulo a batteria.

Indio e molibdeno, utilizzati entrambi per i pannelli fotovoltaici, sono invece i materiali più rari sulla cui reperibilità è difficile anche fare delle previsioni; essi vengono utilizzati nei pannelli fotovoltaici e sono così rari che vengono addirittura mescolati e impoveriti con altri elementi simili che ne possono allungare la consistenza.

La nuova guerra sembra essere già iniziata e paesi come l’Italia e come l’Europa intera devono affilare le proprie armi strategiche se non vogliono passare da centro del mondo a periferia dell’impero, vista la scarsità di materie prime di cui storicamente soffrono.