Le scelte che hanno portato a una chiusura di ogni canale collaborativo, economico e diplomatico verso la Russia hanno fatto schizzare nel mese l’inflazione al 6,4 per cento ed è verosimile che le spinte sui costi per le famiglie, per i professionisti e le imprese siano destinate ad aumentare ulteriormente il processo, anche se, nel breve futuro, le tensioni sulle quotazioni internazionali si dovessero allentare.

 In particolare, i prezzi di petrolio e gas naturale, ovvero i prezzi di quei prodotti per cui l’Italia è quasi totalmente dipendente dal mercato russo, nei primi mesi del 2022, si sono attestati, rispettivamente, a 1,6 e 6,8 volte il livello medio del 2019. Inoltre anche il prezzo delle altre materie prime, soprattutto agricole, hanno fatto registrare una forte crescita che è anche sostenuta da bolle speculative dalle quali è difficile liberarsi.  

 Nello specifico il prezzo del grano è quasi raddoppiato rispetto al periodo precedente la pandemia, quello dei fertilizzanti, necessari per la coltivazione dei campi, è risultato essere 3,1 volte superiore. Nello stesso periodo, rispetto alla media che si era fatta registrare nel 2019, il prezzo dell’energia elettrica, e dei beni energetici in generale, è schizzato fino a toccare punte oltre l’80 per cento.

 Nei calcoli del governo, quando ha deciso di seguire gli Stati Uniti nelle linee da seguire verso la Russia, si è poco tenuto conto del fatto che l’Italia presenta un livello di dipendenza dalle forniture estere di prodotti energetici più elevato dei principali partner europei, pari a circa i tre quarti del fabbisogno, questa dipendenza, secondo gli analisti, se i prezzi dovessero aumentare, potrebbe portare alla chiusura a breve di migliaia di aziende, mettendo a rischio moltissimi posti di lavoro.

 Analizzando il rapporto tra stipendi e costo della vita, nel 2021, l’indice dei prezzi al consumo ha superato di oltre un punto percentuale le retribuzioni contrattuali o in maniera significativa la capacità di poter accedere ai beni primari. Anche se nei primi mesi del 2022 le retribuzioni hanno continuato a crescere, questa crescita è stata molto contenuta ed è avvenuta in quadro, così turbolento di inflazione, da essere praticamente annullata dal caro vita.

 L’inflazione continua a galoppare e complice anche la stagione estiva in cui, soprattutto nelle zone costiere o turistiche, i prezzi hanno delle fluttuazioni stagionali, questi aumenti sono nella realtà quotidiana ancora più sostenuti di quelli che emergono dai dati statistici. Il rischio reale è che, se il governo non interverrà con politiche compensative, la tenuta sociale e produttiva del paese può essere messa a rischio trascinando l’Italia nel baratro della Stagflazione.