SUPERBONUS 110 REV 

Il Governo ha di recente definito il quadro complessivo della Legge di Bilancio 2022 e con essa le norme che dovrebbero regolare, nell’immediato futuro, la disciplina in materia di Ecobonus e Sismabonus con detrazioni fiscali fino al 110%.

Per ciò che è possibile comprendere dal Disegno di Legge di Bilancio 2022, i Superbonus proseguiranno fino al 2023 con detrazioni al 110% per poi essere sottoposti, nei due anni successi, a quello che viene chiamato il decalage del livello di detrazioni, ovvero un abbassamento delle stesse al 70% nel 2024 ed al 65% nel 2025.

Il segnale che il Governo ha voluto dare è importante poiché si abbandona la pratica invalsa negli ultimi anni di prorogare a brevissimo termine un incentivo, per definire un orizzonte di medio periodo, pur con una serie di condizioni non del tutto condivisibili.

La scadenza prolungata servirà a programmare per tempo e in modo opportuno gli interventi di risanamento più complessi ed articolati e di programmare un piano estensivo di rigenerazione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare, sia nei centri urbani maggiori che in quelli minori.

Si tratta di un’occasione senza precedenti che rischia, tuttavia, di essere depotenziata da una serie di meccanismi introdotti dal Disegno di Legge di Bilancio 2022 per i quali gli interventi con detrazioni al 110% sulle unità unifamiliari saranno possibili (per quanto si riesce a comprendere) fino al 2023 solo per i proprietari di immobili con ISEE che non superi i 25.000 euro annui. Si rischia di non poter intervenire su una parte consistente del patrimonio edilizio, specie quello dei centri minori che, in molti casi, contribuiscono a rendere attrattivi dal punto di vista turistico e dell’accoglienza molte parti del Paese. Si pensi, ad esempio, alla dorsale appenninica, ricchissima dal punto di vista paesaggistico e culturale ma che vive sotto la spada di Damocle di un elevato rischio sismico. Case e borghi andrebbero ristrutturati dal punto di vista energetico e della sicurezza strutturale. Per queste aree i Superbonus rappresentano l’unica vera occasione di intervento organico e sistematico.

Modificare le norme preesistenti e aggiungere nuove condizioni per usufruire degli incentivi, non appare una mossa particolarmente avveduta, tenendo conto delle consistenti difficoltà registrate dopo il varo delle norme per i Superbonus a luglio 2020, norme talmente articolate e complesse che hanno tenuto gli investimenti in una lunga fase di stallo, almeno fino a marzo 2021.

In sostanza la scelta ottimale, in questo momento, sarebbe di fluidificare il processo, ovvero porre le condizioni per un uso quanto più estensivo possibile dei Superbonus entro i limiti temporali di recente proposti dal Governo, non modificando l’impianto normativo consolidato nell’ultimo anno e mezzo, soprattutto non ponendo limiti alle tipologie di edifici e di proprietari di immobili potenziali beneficiari, così come finora individuati.

Si giunge però anche ad un punto nodale di un discorso più complesso, ovvero al significato più profondo che i diversi attori interessati ai Superbonus devono essere in grado di dare a tali strumenti.

I Superbonus non possono essere considerati come modalità di intervento estemporaneo, per operare a macchia di leopardo sul patrimonio edilizio, creando vantaggi per i proprietari di immobili a spese della fiscalità generale e per sostenere settori, come quello delle costruzioni e dei servizi di ingegneria e architettura, che hanno registrato per lungo tempo notevoli difficoltà. Occorre allargare la prospettiva e fare lo sforzo di guardare con spirito diverso a questa opportunità che il Paese ora ha di fronte.

L’Ecobonus ed il Sismabonus affondano le proprie radici in politiche per il risanamento energetico e per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio molto antecedenti la crisi innescata dall’epidemia da Covid-19. L’Italia da tempo ribadisce il proprio impegno in sede europea a ridurre le emissioni inquinanti anche operando attraverso il risanamento energetico degli edifici. Questo è quanto risulta dal Piano integrato per l’energia 2030 che tutti i Paesi dell’Unione Europea aggiornano periodicamente ed in cui si fa riferimento esplicito alla necessità di intervenire, in primis, sul patrimonio più vetusto. Inutile sarebbe ricordare che più del 60% dei 3 miliardi di metri quadri degli edifici residenziali italiani sono stati realizzati prima del 1977, anni in cui le norme e le tecniche di coibentazione e di messa in sicurezza delle strutture erano poco avanzate. Oltre 4 milioni di abitazioni si trovano, inoltre, in aree a grave rischio sismico.

I Superbonus appaiono, in questa prospettiva, come un’occasione irripetibile per adeguare il patrimonio edilizio ai nuovi standard, contribuendo ad una causa, quella dalla drastica riduzione delle emissioni inquinanti in ambito residenziale, come richiesto a tutti i Paesi per attenuare la crisi climatica che stiamo vivendo. E’ evidente che per affrontare tale problema non è sufficiente intervenire solo sul residenziale, ma vale la pena di ricordare un dato estremamente significativo ovvero che il 28% dei consumi totali di energia in Italia provengono proprio dalle abitazioni. Si tratta della quota di consumo più elevata dopo quella del settore dei trasporti, che assorbe il 31,7% del totale.

Pur con sfumature diverse, lo stesso discorso dovrebbe essere fatto per un uso estensivo del sisma bonus, la cui efficacia è oggi drammaticamente sottostimata, salvo ricordare il Paese continua spendere più di 2 miliardi l’anno per ricostruire ciò che i terremoti degli ultimi 55 anni hanno distrutto.

Se i superbonus vengono dunque considerati come strumenti straordinari per la realizzazione di un piano altrettanto straordinario - quello di contrasto al surriscaldamento globale, all’inquinamento atmosferico ed alla prevenzione dal rischio sismico – allora il concetto di sostenibilità della spesa dello Stato per tali incentivi può essere visto sotto un particolare profilo.

Sappiamo con certezza che i Superbonus generano un disavanzo per lo Stato. Il Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri stima che se la spesa nel 2021 raggiungesse i 9 miliardi di euro, il disavanzo netto per tali misure potrebbe attestarsi a poco più di 6 miliardi. A fronte di questa dinamica, tuttavia, se ne genera una di tipo espansivo sul sistema economico, con un valore aggiunto di oltre 8 miliardi di euro ed un contributo al Pil di 12 miliardi di euro. Visto in termini più semplici: ciò che da un lato si toglie allo Stato, dall’altro viene più che compensato da una crescita economica complessiva.

Bene ha fatto dunque il Governo a definire un orizzonte di medio termine (fino al 2025) di durata dei Superbonus, confermando implicitamente che a fronte di un impegno consistente per il bilancio dello Stato possono corrispondere benefici economici e soprattutto sociali ancora più consistenti.

Se ci si chiede pertanto quale debba essere il senso del Paese per i Superbonus, la risposta è chiara: agire per dare seguito ad un programma straordinario di rinnovamento del patrimonio edilizio che richiede un diffuso senso di responsabilità da parte di tutti gli attori della filiera dell’edilizia e delle Istituzioni.

La strada è stata tracciata: ora spetta ad un numero estremamente ampio di attori agire affinché i cittadini e le Istituzioni locali comprendano la portata e la fattibilità di interventi con Superbonus, per la rigenerazione urbana, per una migliore cura del territorio, per un patrimonio edilizio più sostenibile a beneficio del maggior numero possibile di persone.