Nei giorni scorsi ha suscitato grande impressione l’incidente avvenuto a Torino col rovesciamento di una gru che ha causato la morte di tre operai. In realtà, da un po’ di tempo le notizie di morti sul lavoro si susseguono non allarmante regolarità. Al fenomeno contribuisce anche il boom di attivazioni di cantieri generato dal Superbonus 110%, cui spesso si accompagnano fenomeni di irregolarità. Secondo l’Ispettorato del lavoro, addirittura 9 imprese su 10 non risulterebbero in regola. Ne parliamo con Gaetano Fede, Consigliere CNI con delega al tema della sicurezza.

Ingegner Fede, che valutazione dà di questo fenomeno?

"I temi ‘caldi’ della sicurezza nei cantieri rimangono sempre gli stessi: un'adeguata formazione, la più opportuna organizzazione del cantiere in relazione all'attività da svolgere e la necessità di maggiori controlli da effettuare da parte di personale competente in maniera organica. Detto questo, è evidente che in questo periodo col provvedimento del Superbonus 110% e i vari bonus, facciate, ristrutturazioni ed altri, si sono aperti nuovi scenari determinati dalla crescita vertiginosa del numero dei cantieri, dunque da un punto di vista statistico appare normale assistere ad un aumento di incidenti. La situazione in atto è caratterizzata da tempistiche contingentate dalle innumerevoli e spesso contraddittorie normative emanate dallo Stato in materia di incentivi, in un contesto, per singolo operatore, di più cantieri con innumerevoli pratiche da completare prima dell'inizio lavori. Inoltre, altro scenario inquietante, è quello che il numero sproporzionato, rispetto alla media, di lavori edili incentivati ha riversato nel settore un numero consistente di imprese ed operai che fino a ieri erano impegnati in altri settori. Questo è sicuramente determinato dalla gran mole di interessi economici che stanno dietro alle detrazioni fiscali”.

Cosa bisognerebbe fare per fronteggiare questa situazione?

“E' necessario, urgentemente, aprire un'ampia discussione almeno su due aspetti. Tanto per cominciare, una formazione adeguata in materia di sicurezza che non si riduca al mero “attestatificio”. Esiste sempre meno manovalanza specializzata e talvolta dietro l'elevata quantità di attestati non c'è una reale qualità formativa. Il secondo aspetto riguarda la libera imprenditoria nel settore edile. Chiunque ha la possibilità di andare presso la CCIAA o l’AdE ed aprire un'impresa edile. L'imprenditore non ha l'obbligo di essere ‘qualificato’ e nemmeno formato (delega delle funzioni di datore di lavoro). Ciò è assolutamente in contrasto con i principi di qualificazione, anche minima, che esistono in tutte le attività lavorative. Bisognerebbe creare una qualifica imprenditoriale, simile alla SOA per le imprese che operano nel campo pubblico, per l'apertura di una impresa nel settore privato, e sarebbe opportuno mettere in campo una formazione ad hoc per chi vuole aprire un'impresa nel settore edile”.

In questo contesto a che difficoltà vanno incontro i professionisti tecnici?

“I tecnici che si occupano di sicurezza subiscono grandi pressioni e gli si chiede di fornire le loro prestazioni (POS, PSC, PIMUS e quant'altro) in tempi spesso non sufficienti per redigere un lavoro minimamente qualificato. Il sistema ordinistico sta diffusamente invitando gli iscritti a respingere queste spinte nella riduzione dei tempi che, inevitabilmente, portano a situazioni in cui i livelli di sicurezza minima vengono meno”.

In definitiva cosa possiamo fare per ridurre il numero degli infortuni sul lavoro?

“Va detto che ogni infortunio ha una storia a sé. Per poter capire le ragioni di quello che è successo vanno analizzate attentamente le dinamiche e le condizioni di contorno, aspetti questi che certamente i periti incaricati dalle autorità giudiziarie stanno valutando nella giusta maniera. Anche il fattore umano, l'errore, la manovra errata, potrebbero risultare elementi che sono entrati nella dinamica degli ultimi incidenti mortali avvenuti. Infine, i controlli dovrebbero essere sicuramente più serrati anche se tale attività in Italia dovrebbe essere esercitata al meglio da un unico organismo nazionale, mentre oggi sono almeno tre o quattro, dotato di personale adeguato ed opportunamente preparato, affinché le ispezioni non siano solo di carattere documentale (necessarie, ma non sufficienti), ma anche e soprattutto finalizzate a valutare l'effettiva organizzazione di cantiere, in relazione allo specifico lavoro in corso".