Come hanno riportato le statistiche dell’Istat, il PIL italiano, espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2015, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,2% nel primo trimestre del 2022 rispetto al trimestre precedente, mentre è cresciuto del 5,8% in termini tendenziali, ma, viste le stime precedenti che prevedevano una crescita tra l’8 e il 9%, il dato risulta assai preoccupante. L’economia italiana, come tutta l’economia dell’eurozona, inizia infatti a risentire della crisi Ucraina, crisi che ha portato ad una serie di sanzioni verso la Russia che però stanno colpendo come un boomerang la già fragile ripresa economica europea.

 La decrescita, che si stima essere più netta nei prossimi mesi, avviene anche in un quadro in cui i prezzi continuano a volare verso orizzonti inesplorati e impensabili fino a qualche anno fa. A marzo, si è ancora di più intensificata la tanto temuta crescita congiunturale dei prezzi alla produzione industriale, spinta dai rialzi oramai incontrollabili della energia e dei beni intermedi, rialzi a cui le politiche del governo non riescono a trovare ancora una soluzione stabile e duratura.

 Nonostante il tentativo di reperire altrove beni energetici, l’Italia si trova in una fase di stallo in cui, dopo il lieve rallentamento registrato il mese precedente , i prezzi delle materie prime necessarie alla produzione industriale sono tornati ad accelerare, aumentando del 36,9%, ovvero quasi 5 punti percentuale in più del +32,7% di febbraio. Inoltre, sul mercato interno, la crescita tendenziale ha raggiunto il 46,5% (era del 41,3% a febbraio), i prezzi si confermano in accelerazione per tutti i settori manifatturieri mettendo a serio rischio la sopravvivenza stessa di molte realtà produttive.

 Nello specifico, come rileva l’istituto di statistica, gli aumenti a marzo 2022 sono stati rilevanti per tutti i settori manifatturieri sui tre mercati di riferimento: i più marcati hanno riguardato coke e prodotti petroliferi raffinati (+49,7% mercato interno, +13,7% area euro, +59,6% area non euro), metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo (+26,2% mercato interno, +32,5% area euro, +24,6% area non euro), prodotti chimici (+22,3% mercato interno, +22,1% area euro, +21,8% area non euro), industrie del legno, della carta e stampa (+17,7% mercato interno, +19,9% area euro, +14,6% area non euro) e articoli in gomma e materie plastiche (+15,8% mercato interno, +12,0% area euro, +15,7% area non euro).

 In una tale congiuntura economica, senza una prospettiva per un allentamento delle tensioni internazionali, il vero rischio è rappresentato dal mix tra stagnazione economica e inflazione galoppante. Questo scenario, che ricorda situazioni analoghe degli anni 50 e degli anni 70 del secolo scorso, è chiamato stagflazione. I fattori chiave che sono alla base di questo alto rischio verso la stagflazione sono rappresentati dalla concatenazione tra lo shock dal lato dell’offerta, causato dalla guerra in Ucraina, e della alta inflazione guidata dagli stimoli politici e dalla riapertura delle attività produttive dopo i vari lockdown del C ovid -19.