Gli analisti americani e gli studiosi di scienze sociali lo hanno chiamato Great Resignation e indica il fenomeno dell’abbandono del posto fisso senza avere ancora tra le mani una alternativa. Se inizialmente questo fenomeno era stato originariamente attribuito a uno dei tanti side-effect della pandemia, da qualche mese a questa parte il trend sembra non conoscere una parabola discendente. Infatti secondo le ultime statistiche del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sulle cessazioni di lavoro nel secondo trimestre del 2021, in Italia tale dato è cresciuto esponenzialmente con un aumento del +43,7%, un dato inimmaginabile ed enorme che non può essere in alcun modo legato esclusivamente al covid-19. Infatti tra aprile e giugno, ci sono state 2 milioni 587mila chiusure di rapporti lavorativi che hanno significato un 37% in più, pari a +768.000 unità, rispetto allo stesso periodo del 2020.

 Questa mutazione epocale all’interno delle dinamiche economiche, sociali e lavorative è stata per la prima volta analizzata Anthony Klotz della Texas A&M University: se da un lato, complice lo smart working, i manager hanno iniziato a vedere i rapporti sia lavorativi che sociali da un altro punto di vista di-soggettivizzando la propria identificazione con il risultato e basta , dall’altro i dipendenti hanno iniziato a rivalutare il loro ruolo nel tempo libero e la loro vita in generale.

 Il processo è anche del tutto nuovo perché, forse per la prima volta nella storia, investe i lavoratori altamente professionalizzati che hanno delle competenze spendibili, non solo nel mondo del lavoro, ma anche e soprattutto nel mondo imprenditoriale e della libera professione. La Great Resignation presenta anche dei ben precisi confini dimensionali e generazionali andando ad investire gli Xennial o Elder Millennial (i nati dal 1976 al 1985), la generazione Y dei Millennial (i nati tra il 1980 e il 1996) e la Gen Z ovvero i nati dopo il 1996 che iniziano ad affacciarsi proprio adesso nel mondo del lavoro e delle professioni. Infatti sono proprio i lavoratori delle generazioni più giovani a voler lasciare il mito del “posto fisso” che per molti anni è stato il punto di arrivo delle generazioni precedenti. Sempre secondo le statistiche del Ministero che riportano uno studio dell’IBM Institute for Business Value , Il 33% della Generazione Z e il 25% dei Millenial italiani ha espresso il desiderio di lasciare il proprio posto di lavoro entro la fine del 2021.

 Tale dinamica, impensabile fino a qualche anno fa dove gli elementi della modernità solida erano ancora radicati nei rapporti intercorrenti tra mondo del lavoro e società, ha anche cambiato il volto e forma dell’ufficio. Infatti un altro studio condotto dalla dottoressa Isabell Welpe della Technical University of Munich, ha evidenziato come nella maggior parte dei casi gli effetti dello smart working, durante la pandemia, sono stati così positivi per gli uffici e le aziende che molti di essi hanno impostato la nuova normalità post pandemica consentendo l’accesso agli uffici solo una due volte alla settimana e non per tutta la forza lavoro impiegata: i tassi di produttività seguendo questo modello aumentano sensibilmente abbattendo, inoltre, i costi per le imprese.

 L’abbandono del posto fisso sta conducendo al fiorire di una nuova forma di relazionalità ovvero quella della “Yolo Economy” che, al motto di You only live once (si vive una volta sola) sta portando, soprattutto gli under 40, a cercare la propria strada fuori dalla confort zone spingendoli a mettersi in proprio aumentando il contributo creativo e massimizzando i guadagni.

 Sono infatti la libera professione e la volontà di fare impresa a raccogliere le speranze di chi ha lasciato il posto fisso, infatti secondo le più recenti statistiche è soprattutto il mondo degli ingegneri quello verso il quale ci si orienta quando si vuole intraprendere la libera professione. Gli studi di ingegneria edile e di ingegneri informatica sono cresciuti sensibilmente nell’ultimo anno seguiti a stretto giro dal mondo delle professioni sanitarie e biomediche.