Ricorderemo a lungo l’effetto generato dalla pandemia da Covid-19 sui fondamentali del nostro Paese nel 2020. La flessione del Pil dell’8,9% rispetto all’anno precedente è stata la rappresentazione plastica della repentina decelerazione delle attività produttive a seguito del primo e secondo lockdown.

La forte flessione del Pil descrive molte cose, ma probabilmente non il senso di panico che colse una parte cospicua dei lavoratori nel nostro Paese, specie di chi opera nel lavoro autonomo con scarse, a volte inesistenti, reti di protezione.

I primi dati sulle dichiarazioni dei redditi relative al 2020 pubblicati dal Mef rivelano tuttavia fenomeni di crisi e capacità di resistenza a più velocità.

Dalle dichiarazioni fiscali per l’anno di imposta 2020 relative a 4.155.357 contribuenti IVA emerge una flessione del volume d’affari del 10,23%, congruente con la flessione del Pil di quasi il 9%. Tale decremento corrisponde sostanzialmente alla flessione di una parte abbastanza rilevante del sistema produttivo, rappresentato anche dal lavoro autonomo.

E’ bene rilevare che nell’ambito degli oltre 4 milioni di titolari di partita Iva sono ricompresi i professionisti ordinistici; in particolare i contribuenti che rientrano nel comparto “Attività professionali, scientifiche e tecniche” rappresentano numericamente l’11% del totale contribuenti Iva.

Dai dati per l’anno di imposta 2020 emerge come su 22 settori produttivi in cui si distribuiscono i contribuenti con partita Iva solo 3 hanno registrato un incremento del volume d’affari. In particolare, le “Attività professionali, scientifiche e tecniche” hanno registrato un incremento del 2,9%, seguite dal comparto dei Servizi di informazione e comunicazione. Da tenere presente che parallelamente vi sono stati ambiti del lavoro autonomo in cui la flessione del volume d’affari, nel 2020, ha superato il 20%, come nel caso delle attività dei servizi turistici, di alloggio e ristorazione.

Il dato eclatante tuttavia è che i dataset del Mef, ad un maggiore livello di disaggregazione, mettono in evidenza come il comparto con il maggiore incremento di volume d’affari risulti essere, proprio nell’anno della grande recessione, quello delle “Attività degli studi di architettura e ingegneria -collaudi e analisi tecniche. Si tratta infatti di un incremento del 45,7%, primo in assoluto, seguito dal +40,7% delle attività del comparto dei Servizi postali e attività di corriere.

Non sono disponibili al momento ulteriori elementi di dettaglio per poter comprendere con esattezza, all’interno della categoria degli studi di ingegneria e architettura, quali strutture abbiano, in un anno così complesso come il 2020, svolto il ruolo di pivot; presumibilmente si dovrebbe trattare delle poche strutture di medio/grandi dimensioni, che sono riuscite ad aggregare probabilmente nell’ultima parte dell’anno, almeno una parte del più consistente numero di professionisti, titolari di partita Iva sottoposti al così detto regime forfetario con tassazione al 15% (che risultano essere le strutture di minori dimensioni in termini di volume d’affari).    

Mef Sistan 1

Fonte: Statistiche sulle Dichiarazioni Fiscali anno d’imposta 2020 Mef Sistan

 

E’ bene rilevare che l’incremento del volume d’affari oltre il 40%, degli studi di architettura e ingegneria, non coincide con le previsioni fortemente al ribasso elaborate da Inarcassa per il 2020 relativamente al monte volume d’affari degli oltre 170.000 iscritti alla Cassa degli ingegneri e architetti perché evidentemente la base di calcolo, e la platea di contribuenti, non coincidono perfettamente. I dati Mef non coincidono neanche con le stime elaborate dal Centro Studi CNI che parte dai dati di contabilità nazionale sull’andamento degli investimenti e sulle serie lineari degli ultimi 5 anni relative ai redditi professionali elaborati da Inarcassa. E’ probabile che i dati Mef, riguardando i contribuenti IVA e non solo le persone fisiche titolari di partita IVA, includano il volume d’affari oltre che dei singoli professionisti anche delle strutture che operano in forma di impresa. Su questo aspetto sarà necessario un approfondimento ora non praticabile in quanto i dati sulle dichiarazioni fiscali per l’anno 2020 del Mef non sono pienamente disponibili e non permettono l’accesso ad un elevato livello di disaggregazione.

Ciò che, tuttavia, è importante rilevare è che gli stessi analisti del Mef sottolineano che la crescita del volume d’affari degli studi di ingegneria e architettura potrebbe essere connessa all’avvio di misure straordinarie per il recupero e l’efficientamento del patrimonio edilizio, in particolare attraverso i c.d. Superbonus 110%. Ciò sicuramente è vero, sebbene nel 2020 queste misure, varate a luglio, hanno iniziato solo in modo marginale ad attivare nuovi investimenti; come è noto, il vero effetto espansivo di tali misure si è innescato nel secondo trimestre del 2021.

E’ molto probabile che la crescita consistente rilevata attraverso le dichiarazioni fiscali sia stata il frutto di almeno due fattori concomitanti: da un lato la diffusa propensione degli studi professionali a riprendere piccoli e grandi lavori in sospeso subito dopo il primo lockdown ed a cercare nuove commesse anche in ambito pubblico grazie alla forte ripresa dei bandi di gara. Dall’altro lato, come detto, l’effetto annuncio e poi l’avvio delle prime progettazioni con Superbonus 110% a novembre e dicembre 2020, sebbene in numero ridotto, sono state prerogativa degli studi di Ingegneria e architettura, sufficienti a contribuire in un breve arco temporale all’eccezionale spinta in avanti, con la crescita di oltre il 40%.

Il particolare effetto espansivo che ha caratterizzato, in un periodo di marcata stagnazione, il settore degli studi professionali al di là dell’entità effettiva dei numeri, spinge ad alcune considerazioni.

Pur nelle difficoltà il comparto SIA, ovvero dei servizi di Ingegneria ed architettura, ha mostrato un’interessante capacità di reazione, utilizzando fino in fondo tutti gli strumenti a disposizione per tamponare una situazione che nella prima parte dell’anno 2020 era apparsa improvvisamente drammatica. Già a maggio (nel pieno della pandemia) e a settembre 2020 due rilevazioni del Centro Studi CNI sugli iscritti all’Albo identificava una diffuso senso di disorientamento tra gli studi di ingegneria e un altrettanto diffuso atteggiamento proattivo tra i professionisti, tesi ad approfittare del lockdown per proporre nuove commesse e prepararsi a gare indette dalle pubbliche amministrazioni. Va ricordato peraltro che al contrario di ciò che si poteva temere, il 2020 è stato un anno in cui si è registrato un consistente incremento (a partire dal mese di maggio) del numero e dei valori messi a bando delle gare per la realizzazione di opere pubbliche.

Un secondo aspetto rilevante è che la crisi e le norme di contrasto alla recessione, elaborate nel 2020, hanno indubbiamente rimesso al centro del dibattito e dell’attenzione dell’opinione pubblica i temi dell’efficientamento energetico degli edifici, della loro messa in sicurezza in chiave antisismica, del recupero e del risanamento del patrimonio edilizio e della rigenerazione urbana. Al di là del fatto che gli investimenti attivati attraverso i Superbonus 110%, in particolare il Super ecobonus, abbiano dispiegato gli effetti più evidenti solo a partire dal 2021, è certo che già a settembre del 2020 per molti studi professionali, la domanda di consulenze e progettazione ha subito una certa accelerazione, come risulta dalle indagini condotte in quel periodo dal Centro Studi CNI. Anche in questa fase, piuttosto articolata e disorientante dovuta alla complessità delle norme legate ai Superbonus, molti professionisti hanno rivelato un atteggiamento proattivo, anticipando i tempi, accompagnando molti proprietari di immobili a comprendere come il quadro dei Superbonus sarebbe potuto evolvere e avviando le prime fasi di progettazione.

Nonostante i Superbonus 110% siano, da più parti, ormai messi in discussione, un dato appare evidente, ovvero che un provvedimento che per la prima volta ha inteso affrontare in modo organico la questione del recupero del patrimonio edilizio e del risparmio energetico ha generato una forza espansiva rilevante, per la quale il comparto dei servizi professionali di ingegneria e architettura ha avuto un ruolo importante. Senza le competenze specialistiche delle figure professionali tecniche, in particolare di ingegneri e architetti, probabilmente questi effetti moltiplicativi, utili ad uscire rapidamente da una fase di crisi come quella innescatasi nel 2020, non si sarebbero ottenuti.

Vale infine la pena di sottolineare, che in una fase drammatica come quella del 2020, solo gli studi di ingegneria e architettura e pochi altri comparti sono stati in grado di tenere le proprie posizioni rispetto ad una flessione di oltre il 10% del fatturato di molte attività produttive.

Questo significa che il settore dell’ingegneria e architettura ha rappresentato per molti versi una sorta di “puntello”, seppure di dimensioni limitate, evitando che la crisi fosse ancora più profonda.

Una delle lezioni che se ne potrebbe trarre è che avere attivato, così come il Governo ha fatto nel 2020, una politica ed una serie di interventi per il recupero del patrimonio edilizio, ha innescato sin da subito effetti espansivi del quadro economico confermando il principio, forse banale ma oggi non del tutto scontato, che avere attivato misure straordinarie come i Superbonus è stato meglio che non averle attivate o messe in quiescenza nel breve periodo.

Un sistema composto da molti studi professionali di ridotte dimensioni ha potuto fare leva su un rilevante capitale di competenze migliorando il proprio posizionamento, mentre il resto del mercato registrava una marcata flessione. Flessibilità, adattabilità alle situazioni, ricerca di nuovi clienti hanno, forse inaspettatamente, rivelato un volto nuovo degli studi di Ingegneria architettura, una lezione di “resilienza” con molti aspetti interessanti.

“La crescita delle attività degli studi di ingegneria e architettura in un anno drammatico come il 2020, così come emerge dai dati del Ministero delle Finanze – afferma Armando Zambrano –restituisce l’immagine di un comparto nel quale molti professionisti hanno potuto fare affidamento solo sulle proprie competenze cercando in tutti i modi di ricavarsi nuove nicchie di mercato. La determinazione della grande maggioranza dei nostri iscritti di rimettersi a lavorare e di acquisire nuove commesse subito dopo il primo lockdown del periodo marzo-maggio 2020, era particolarmente evidente dai sondaggi fatti dal CNI in quel periodo. Non perdere tempo subito dopo la fase più acuta della crisi è stato, a nostro avviso, ciò che ha contributo in massima parte ai risultati certificati attraverso le dichiarazioni fiscali. I Superbonus hanno inoltre sospinto l’effetto crescita e questo conferma l’importanza di politiche di questo tipo, che hanno attivato un processo espansivo necessario al Paese in una fase drammatica, nonostante il Governo oggi esprima un’opinione diversa che noi rispettiamo, ma su cui chiediamo un confronto. Proprio i dati del Mef dimostrano che se i provvedimenti sul recupero del patrimonio edilizio non ci fossero stati, la fase recessiva sarebbe stata peggiore di quello che si è rivelata. Questo dovrebbe almeno far pensare quanto meno a rimodulare l’operatività dei Superbonus dopo il 2025.”

“I dati sull’andamento del volume d’affari degli studi di Ingegneria e Architettura nel 2020, certificati dal Mef, - afferma Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI – ci permettono di leggere con più chiarezza quello che il nostro Centro Studi aveva rilevato tra gli iscritti nell’anno della crisi: ovvero una accentuata capacità di adattamento ma soprattutto un diffuso atteggiamento proattivo nonostante il clima di grande disorientamento. Dalle rilevazioni appariva evidente il fatto che gli studi professionali fossero continuamente all’opera. I mesi di lockdown sono stati utilizzati da molti professionisti per completare progettazioni o pratiche avviate in precedenza, sempre con uno sguardo costante prima a piccoli committenti a cui molti proponevano interventi di ridotte dimensioni e poi, con la fine del lockdown a committenti di maggiori dimensioni. Certo, in quella crescita del 45% vi è certamente un elevato livello di sperequazione: le strutture con più esperienza si sono mosse prima e hanno cercato di riposizionarsi mentre i più piccoli e soprattutto i più giovani nel 2020 probabilmente non avranno registrato in modo così diffuso performace positive. Quello che è importate però per il momento è guardare il fenomeno nel suo insieme. Con un certo orgoglio possiamo dire che il nostro comparto, quello dei SIA, fatto di una molteplicità di competenze diffuse sul territorio non si è arreso alle difficoltà e ha contribuito a mitigare una fase recessiva che ricorderemo a lungo.”