Ingegneri e architetti si sono confrontati sul tema della tutela e della sicurezza del costruito storico in un convegno tenutosi presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici
Quando si discute della tutela di un edificio storico come si fa a conciliare la conservazione con la sicurezza, il rispetto dei canoni architettonici dell’opera con la sua stabilità strutturale e, quindi, con l’esigenza di salvaguardare le vite umane? A questo interrogativo si è provato a rispondere nel corso del convegno “Tutela e sicurezza del costruito storico: quadro normative e costruttive” ospitato dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici e organizzato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri, dal Consiglio Nazionale degli Architetti e dall’Associazione Tecnologi per l’Edilizia (ATE), con la collaborazione della Fondazione CNI.
L’incontro ha rappresentato un’ottima occasione per contribuire ad un dibattito che da molto tempo si svolge tanto nelle sedi scientifiche che in quelle del confronto quotidiano sul campo tra gli attori di questo processo. I lavori sono stati preceduti dai saluti iniziali del Presidente del CSLLPP Massimo Sessa che ha detto: “E’ necessario ricercare una sintesi sostenibile tra tutela del bene artistico e tutela della vita umana. Occorre sviluppare delle sinergie per far sì che si arrivi a questa sintesi”.
Per il Consiglio Nazionale degli Ingegneri è intervenuto Alberto Romagnoli, Consigliere con delega alla comunicazione, che dopo aver sottolineato l’impegno ultradecennale del CNI sul tema ed aver fatto un breve cenno storico, si è espresso così: “Se torniamo al tempo un cui sono stati creati gli Albi degli Ingegneri e degli Architetti, l’Italia non era classificata sismica e non esistevano norme per progettare strutture antisismiche. Rispetto ad allora, oggi l'approccio alla tutela del bene deve intendersi integrata e coordinata e deve combinare le questioni più estetiche con quelle di conservazione della struttura e di risposta alle sollecitazioni statiche e dinamiche. La tutela del ‘bene culturale’ non può più essere garantita con la distinzione dei ruoli tra ingegneri e architetti ma va perseguita con l'integrazione delle competenze di entrambi, in chiave paritetica e non di sudditanza di una categoria professionale rispetto all’altra. Anche il ruolo del coordinatore del progetto non può essere delegato ad una specifica categoria professionale, ma deve essere invece attribuito al professionista che è in grado di coordinare diverse competenze con tecniche di management. La ricerca dell’integrazione professionale paritaria tra ingegneri e architetti è la nuova visione per la tutela dei beni culturali”.
Alle parole di Romagnoli ha fatto eco il Presidente del CNAPPC Massimo Crusi che ha detto che “le professioni coinvolte devono lavorare assieme per ricostruire la storia e le necessità di un bene storico”.
Nell’introdurre gli interventi successivi l’ing.Donatella Guzzoni (ATE), che ha anche moderato i lavori, ha detto: “Le opinioni non sono allineate, i pareri sono diversi, il dibattito esiste ma su un punto tutti concordiamo: è necessario conciliare la conservazione e la sicurezza. Le norme attuali non aiutano ma occorre lavorare in quella direzione”. Il Prof.Carlo Blasi ha suggerito una proposta per chiarire e migliorare le norme vigenti sulla stabilità degli edifici tutelati. Tra le altre cose, ha affermato: “La normativa tradizionale prevede che gli interventi, anche sismici, su beni tutelati rispondono sempre alle soprintendenze. C’è confusione. Il restauro è sempre un compromesso tra conservazione e stabilità. Sono numerosi gli esempi che illustrano come la legislazione attuale generi un contrasto tra le due esigenze. Servono alcuni principi di riferimento: una approvazione unica dei progetti; nessuna norma tecnica può essere cogente ma deve valere come riferimento; i progetti relativi agli edifici tutelati devono essere realizzati da tecnici competenti”.
Il Prof. Antonio Borri, che è intervenuto sul tema dei beni culturali in zona sismica, ha detto: “Viene prima la conservazione del bene o la sicurezza delle persone? Ricordiamo che se un edificio rimane in piedi, si salvano anche le vite delle persone. Abbiamo innumerevoli casi di edifici danneggiati dai terremoti che hanno subito interventi di restauro ma su cui non erano stati fatti interventi in termini di sicurezza statica. Se non si fa prevenzione si raccolgono macerie. Le norme per conciliare sicurezza e conservazione esistono già, basta interpretarle bene e applicarle. Ma quante sono le Soprintendenze che hanno competenze strutturali?”.
L’arch. Anna Buzzacchi, che ha affrontato la questione della riduzione della vulnerabilità, ha detto: “Nessun aspetto di un bene va privilegiato a scapito di altri. Serve un approccio olistico all’architettura. Abbiamo bisogno di un quadro normativo adeguato e di attività multidisciplinari. Dobbiamo superare l’anacronistica contrapposizione tra ingegneri e architetti”.
Edoardo Cosenza, Consigliere del CNI, chiamato ad intervenire sul rapporto tra ingegneria strutturale e beni culturali, ha catturato l’attenzione dei partecipanti attraverso la sola immagine di Norcia vista dall’alto in seguito all’ultimo intervento sismico. “Il caso Norcia è emblematico - ha detto -. Si può vedere come gli interventi successivi al terremoto del 1997 hanno salvato la città nel suo complesso ma, al tempo stesso, sono crollate diverse chiese che non avevano subito interventi di messa in sicurezza statica. Questo dice tutto sulla necessità di intervenire sulla struttura degli edifici”. In seguito si è rivolto al Presidente Sessa: “Faccio appello al Presidente affinché si riprendano in mano le Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale”. Sessa ha prontamente accolto la richiesta di Edoardo Cosenza dando la disponibilità da parte del CSLLPP alla ripresa del confronto sul tema.
Giovanni Cardinale, ex Consigliere del CNI, è intervenuto sulla questione del rischio esprimendosi così: “Siamo in una situazione in cui si cerca la sicurezza senza se e senza ma, costringendo il progettista ad assumersi tutte le responsabilità, anche quelle che non sono sciolte dalle norme. Dobbiamo capire che il rischio non si può controllare solo attraverso una norma, per quanto ci si sforzi di calcolare tutto è impossibile controllarlo del tutto. Non a caso diciamo che il rischio zero non esiste. E’ necessario introdurre nella normativa la categoria del rischio”.
Gli interventi sono stati completati dall’arch.Francesco Doglioni che ha affrontato il tema del rapporto tra l’attività di restauro e le strutture del patrimonio architettonico e dall’Ing.Paolo Iannelli, in rappresentanza del MIT, che ha illustrato come si può preservare il valore identitario degli edifici tutelati nel rispetto degli standard di sicurezza.