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Il mondo delle libere professioni ricopre nel sistema economico e sociale del nostro Paese un ruolo centrale. La sua centralità è equamente distribuita in due macro aree principali: il capitale sociale e il capitale economico. Il contributo economico alla ricchezza del Paese del mondo delle professioni si concretizza ogni anno in un valore che si attesta intorno al 15% del PIL, mentre, per quanto riguarda gli aspetti sociali delle libere professioni, le dinamiche messe in campo risultano essere assai eterogenee.
Il capitale sociale è strettamente connesso alla struttura delle relazioni tra persone, e aspetti come la reputazione oppure la spendibilità delle competenze risultano essere centrali nella sua diffusione. Questa forma di ricchezza non risiede infatti né nei singoli individui, né negli elementi fisici della produzione ma genera ricchezza attraverso un rapporto di interscambio che si viene a creare, per esempio, in una relazione sociale come può essere quella tra cliente e professionista.
Questi aspetti, insieme ad altri che riguardano elementi demografici, e il tasso di occupazione dei laureati, sono stati oggetto di uno studio del Censis che si è basato su un campione statistico molto ampio. Lo studio, intitolato “Il primato dell’utilità sociale. Il valore delle competenze delle libere professioni”, è stato presentato in occasione degli Stati Generali della previdenza dei professionisti e si è avvalso di 1004 interviste e indagini a campione sulla popolazione italiana comparando i nuovi dati con quelli degli anni precedenti.
Il primo dato che suona come un campanello d’allarme riguarda l’invecchiamento della popolazione: se nel 1995 il saldo tra gli over 60 e gli under 30 era di circa di 8 milioni e mezzo a favore di questi ultimi, questa forchetta si è assottigliata nel 2010 dove gli under 30 erano soltanto circa 2 milioni in più degli over 60, per poi arrivare nel 2021 dove gli over 60 sono un milione e trecentomila in più degli under 30. I fattori che hanno determinato questo aumento della popolazione anziana, oltre che ad essere determinati da un miglioramento delle condizioni di vita e della ricerca medica, sono da riscontrarsi anche nella disgregazione della società che è uno degli effetti classici della globalizzazione. Nella modernità liquida l’eccessiva precarizzazione dei rapporti di lavoro, la diminuzione dei salari e delle sicurezze determinate dal welfare state non hanno favorito fenomeni quali l’incremento demografico, in quanto risulta per molte famiglie difficile riuscire a gestire più di un figlio.
Tracciare un quadro demografico è servito allo studio anche per inquadrare meglio il rapporto che intercorre tra i professionisti e la percezione che hanno i cittadini della professionalità e delle competenze.
Nella parte che riguarda le interviste sulle professioni, nello scegliere gli aspetti a cui guardare per avvalersi di una prestazione professionale, il primo discrimine tra le persone intervistate sono sia i titoli accademici che la specializzazione ottenuta sul campo. Rispetto invece al 2020 dove era importante per il 26% degli intervistati, nel 2021 l’anzianità sembra non essere più un valore a cui guardare essendo determinante solo per il 21% del campione intervistato. La reputazione sui social, invece, non sembra essere ancora fondamentale nello scegliere una prestazione professionale essendo importante solo per il 9,4% dei possibili clienti nel 2021 e per il 5% circa nel 2020.
Per il 32,9% degli intervistati uno degli aspetti che potrebbe condizionare negativamente un professionista nello svolgere la sua attività è invece il non avere uno studio ad alta tecnologia. Questa risposta mette in luce, qualora ce ne fosse bisogno, come anche la percezione della professionalità sia influenzata dal rapporto tra tecnologia e prestazione professionale.
Alla domanda “nella sua esperienza diretta, rivolgendosi a un libero professionista, quale elemento è più importante per valutare una prestazione di qualità”, oltre alla classica risposta che riguarda la trasparenza, importante per il 58% degli intervistati nel 2021, la risposta che riguarda “la velocità della prestazione erogata” è centrale per il 21% del campione, risultando più importante del rapporto tra qualità e prezzo.