Nell’ambito delle misure per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), l’articolo 6 del decreto legge n. 80/2021 (convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113 e s.m.i.) ha introdotto nell’ordinamento il Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO). Questo documento di programmazione, stando al testo normativo, dovrebbe essere adottato da tutte le “pubbliche amministrazioni” di cui al Testo unico del pubblico impiego (TUPI), con esplicita esclusione delle “sole scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative”, entro il 31 gennaio di ogni anno. Tale quadro normativo è stato completato con l’approvazione dei provvedimenti attuativi previsti dai commi 5 e 6 del citato articolo 6 del DL 80/21. In particolare, con il D.P.R. 24 giugno 2022, n. 81 sono stati individuati gli adempimenti relativi ai Piani “assorbiti”, per così dire, dal PIAO. Il decreto 30 giugno 2022, n. 132 ha poi definito il contenuto del PIAO, ivi incluse le modalità semplificate per redigerlo nel caso di PPAA con meno di 50 dipendenti (vd. art. 1, co. 3, del DPR 24 giugno 2022 n. 81 recante il “Regolamento recante individuazione degli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione” e art. 6 del decreto 24 giugno 2022 del Ministro per la pubblica amministrazione).

Come noto, una pluralità di Ordini/Collegi professionali ha scelto di adeguarsi a tale imposizione normativa, adottando - ciascuno per quanto di competenza – il PIAO. Sul punto è opportuno evidenziare tre profili significativi:

a) Per giurisprudenza costante le “pubbliche amministrazioni” di cui all’art. 1, comma 2, del TUPI costituiscono un “insieme” al cui interno non necessariamente rientrano gli Ordini/Collegi professionali. Prova ne è la recentissima pronuncia del TAR Lazio (Sez. II, n. 14283/2022), nella quale ha spiegato intervento anche la RPT, avente ad oggetto l’impugnazione (sia pur per altri fini) di una circolare del Ministro della Funzione Pubblica che inseriva gli Ordini/Collegi professionali all’interno dell’insieme - “pubbliche amministrazioni”. Tale pronuncia, nell’annullare la circolare perché non applicabile agli Ordini/Collegi, ha esplicitamente previsto (rifacendosi a vari precedenti) che: i) agli Ordini professionali, “benché enti pubblici non economici, non può applicarsi in via automatica l’intera disciplina sul pubblico impiego”; ii) non possono essere considerati “pubbliche amministrazioni” ai sensi dell’art. 1, comma 2 del TUPI, come dimostra anche l’art. 2, comma 2-bis, del D.L. n. 101/2013, “che assoggetta espressamente gli Ordini ai soli “principi” del d.lgs. n. 165/2001 e non tout court all’intera disciplina”; iii) un Ministero, a mezzo di una circolare (o atto simile) “non può sostituirsi al legislatore”, prevedendo ipotesi non richiamate dalla legge.

b) L’ANAC, nel Piano Nazionale Anticorruzione per il triennio 2023-2025 – approvato ma non ancora pubblicato – una volta efficace, detta regole che saranno vincolanti per le PPAA. Tale 1 Ulteriore prova di questa chiave di lettura si rinviene all’art. 2 del d.l. 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, che aveva previsto una riduzione delle dotazioni organiche “delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, delle agenzie, degli enti pubblici non economici, degli enti di ricerca, nonché degli enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”. La ratio di tale provvedimento legislativo era evidentemente la riduzione della spesa pubblica. La peculiare natura di Ordini e Collegi professionali dall’applicazione di tali norme era di per sé evidente ma, per scrupolo interpretativo il legislatore ha previsto la loro esplicita esclusione dal campo di applicazione soggettivo della normativa in questione grazie al successivo decreto legge 31 agosto 2013, n. 101 (Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013. Il Piano ha espressamente escluso gli Ordini/Collegi professionali dall’adozione del PIAO (cfr paragrafo 2.2. tabella 2);

c) L’ANAC, con un parere del 14 novembre u.s., adottato su istanza dell’Ordine degli Avvocati di Novara, ha espressamente escluso gli Ordini professionali da tale obbligo, in difetto di una norma di legge che li ricomprenda espressamente nell’insieme “pubbliche amministrazioni” di cui all’art. 1, comma 2, del TUPI.

Sulla base di questo contesto di riferimento, pare ragionevole dedurre che gli Ordini/Collegi non siano tenuti all’adozione del PIAO, con evidenti economie in termini di risorse impiegate. Per concludere si sottolineano altri due aspetti significativi:

a) l’eventuale già avvenuta adozione del PIAO da parte di singoli Collegi/Ordini anche locali, di per sé, non implica la sua “perenne” adozione anche nel futuro;

b) la mancata adozione del PIAO nei termini previsti dal complesso normativo sopra richiamato prevede sì delle sanzioni (peraltro sostanzialmente inapplicabili finché in Piano Nazionale Anticorruzione del prossimo triennio non diventi operativo) ma le stesse ovviamente presuppongono la esigibilità dell’obbligo di adottarlo. Esigibilità rinvenibile solo per le PPAA di cui all’art. 1, comma 2, del TUPI.