Lo attesta il consueto rapporto sui laureati in ingegneria diffuso dal Centro Studi del CNI

 

Il 2020 è l’anno del sorpasso. Per la prima volta, infatti, il numero di giovani laureati in ingegneria nel settore industriale ha superato quello dei laureati nel settore civile. La tendenza, già in atto da diversi anni tra i laureati di primo livello, ora trova riscontro anche tra quelli magistrali, dove la componente dei laureati a ciclo unico in Architettura e Ingegneria edile-architettura, in costante flessione al pari degli altri corsi del ramo civile, non riesce a compensare il gap esistente.

Tuttavia, gli studi ingegneristici continuano a riscuotere grande successo tra i giovani: ogni anno quasi un laureato magistrale su cinque consegue un titolo di laurea magistrale utile per l’abilitazione alla professione di ingegnere. Un trend che evidenzia una costante crescita nel tempo, eccezion fatta per il 2020, anno in cui molto probabilmente gli esami di laurea hanno risentito degli effetti delle misure di contenimento della pandemia da Covid19.

E’ quanto emerge dal consueto rapporto sui laureati in ingegneria elaborato dal Centro Studi del Consiglio Nazionale Ingegneri.

A parziale conferma, i dati del 2021, non ancora definitivi, segnerebbero una sostanziale ripresa del numero di laureati magistrali, mentre per la prima volta in assoluto si rileva un calo del numero dei laureati di primo livello. Va precisato che i dati riportati si riferiscono a tutti i laureati triennali e laureati magistrali delle classi di laurea che permettono di accedere all’Esame di Stato per l’abilitazione alla professione di ingegnere e ingegnere iunior, compresi quelli dei corsi di laurea più strettamente afferenti agli studi in Architettura o in Scienze Matematiche e con l’aggiunta dei laureati dei corsi di laurea magistrale in Modellistica matematico-fisica per l’ingegneria (classe di laurea che non consente di sostenere gli Esami di Stato per l’abilitazione professionale).

“Il dato principale che emerge dal rapporto del nostro Centro Studi – commenta Domenico Perrini, Presidente del CNI – è naturalmente quello relativo agli ingegneri laureati nel settore industriale che superano quelli del settore civile. E’ chiaro che questo è un fatto che sorprende fino ad un certo punto. Ormai da tempo, infatti, questo tipo di tendenza risultava esplicita, col sorpasso già registrato nell’ambito dei laureati di primo livello. Tuttavia, il fatto che tale tendenza si sia estesa anche ai laureati magistrali ci obbliga ad una riflessione più attenta e profonda. Del resto l’intero mondo delle professioni, per non dire del mondo del lavoro tout court, da anni è soggetto a profonde trasformazioni. Come giustamente si fa spesso notare, tra dieci o venti anni molti lavori non esisteranno più o saranno marginali e si svolgeranno delle attività che oggi ancora non conosciamo o addirittura immaginiamo. L’andamento della tipologia dei laureati naturalmente tiene conto di queste trasformazioni. Tutto questo chiama in causa anche il nostro mondo ordinistico e, in particolare, il CNI. Se vogliamo che i laureati in ingegneria si indirizzino verso l’abilitazione alla professione e, quindi, all’iscrizione all’Albo, dobbiamo fare in modo che al termine di questo percorso possano trovare un Ordine in grado di comprendere le loro esigenze e li supporti nel miglior modo possibile. Per questo motivo riflettere su questi dati ci aiuterà a definire anche le strategie e gli indirizzi di questo nuovo Consiglio Nazionale appena insediato”.

“L’analisi dei dati – commenta Giuseppe Margiotta, Presidente del Centro Studi CNI - introduce diversi elementi interessanti di valutazione. Ma è certamente il sorpasso  dei laureati nel settore industriale rispetto a quello civile che pone un tema importante per la categoria e per il sistema ordinistico in particolare. Trattando la ricerca del solo dato dei laureati e non anche degli abilitati e iscritti all’Ordine, che forma oggetto di un diverso studio, rimane da capire quale sia la reale proiezione della professione di ingegnere nel prossimo futuro. Certamente occorrerà ripensare a fondo la struttura stessa della professione, che è rimasta formalmente immutata dall’anno della sua istituzione (1923), ancorché la sua evoluzione sia stata in questi anni progressiva e inarrestabile, come è insito nella sua stessa natura di materia scientifica e tecnologica in continuo divenire. Occorre che il nostro sistema diventi in qualche modo attraente per l’intero universo dell’ingegneria, anche per quella parte che oggi sfugge alla logica delle attività riservate e dunque all’attuale sistema ordinistico (e penso, oltre al settore industriale anche a quello dell’informazione), per abbracciare la logica della specializzazione e della relativa qualificazione/certificazione. Come farlo è la sfida che attende il nuovo Consiglio Nazionale”.

Tornando al 2020, come detto il numero di laureati magistrali ha fatto registrare, dopo anni di progressiva crescita, una diminuzione rispetto all’anno precedente. E’ pur vero che si tratta di un anno assolutamente anomalo ed è verosimile che il numero inferiore di laureati sia dovuto in larghissima parte alle difficoltà logistiche incontrate dalle università per attivare le procedure di laurea in considerazione delle misure restrittive vigenti in quei mesi. Comunque sia, dei quasi 28 mila laureati magistrali che hanno conseguito un titolo valido per conseguire l’abilitazione professionale, oltre 23mila hanno seguito un corso di laurea magistrale tipicamente ingegneristico (dal conteggio sono esclusi i laureati delle classi LM-4 Architettura e ingegneria edile , LM-18 Informatica, LM66 Sicurezza informatica, LM-44 Modellistica matematico-fisica per l’ingegneria e i loro corrispondenti secondo la classificazione in base al DM 509/99).

Il dato più significativo, come accennato, è il sorpasso dei laureati nel settore industriale ai danni di quello civile e ambientale. Questo cambio epocale era già in corso da alcuni anni, ma è dal 2020 che da potenziale diventa reale, dato che la quota di laureati “puri” in questo settore (senza dunque considerare quelli dell’area mista) aumenta al 31,2%, mentre quella dei laureati del settore civile ed ambientale scende sotto la soglia del 30% (a fronte del 31,2% del 2019). Andando al dettaglio, il numero più elevato di laureati si rileva ancora una volta nella classe LM-33 Ingegneria Meccanica (3.475 laureati), seguita dalla LM-31 Ingegneria gestionale (3.182 laureati), ma spicca anche il dato relativo alla LM-4 Architettura e ingegneria edile-architettura a ciclo unico che, pur confermandosi la terza classe di laurea magistrale per numero di laureati, continua a perdere appeal tra i giovani (nel 2020 2.810 laureati a fronte dei 3.239 del 2019).

La flessione rilevata tra i laureati magistrali non trova riscontro tra quelli di primo livello che, al contrario, continuano ad aumentare: nel 2020 sono quasi 29mila considerando solo i laureati delle classi tipicamente ingegneristiche (L-7 Ingegneria civile e ambientale, L-8 Ingegneria dell’informazione, L-9 Ingegneria industriale, L-23 Scienze e tecniche dell’edilizia), il 2% in più rispetto al 2019. In aumento anche il numero dei laureati in Ingegneria dell’informazione, che costituiscono circa un terzo dei laureati di primo livello, mentre continuano a perdere consensi i corsi del ramo civile (Ingegneria civile ed ambientale e Scienze e tecniche dell’edilizia), tanto che la quota di laureati in tale ambito è scesa al 15%. Un calo costante e per il momento inarrestabile: basti pensare che 10 anni prima, nel 2010, la quota di laureati di primo livello del settore civile ed ambientale era prossima al 40%.

Di grande interesse, come di consueto, l’analisi della presenza femminile. Essa risulta particolarmente consistente nella classe di laurea magistrale a ciclo unico in Architettura e Ingegneria edile-Architettura e nei corsi della classe in Ingegneria biomedica dove arriva a costituire addirittura la maggioranza. Valori particolarmente elevati si riscontrano anche nei corsi in Ingegneria per l’ambiente e il territorio, Ingegneria dei sistemi edilizi e Ingegneria chimica dove la quota di donne supera il 40%. Assai ridotta, al contrario, la componente femminile nei corsi in Ingegneria meccanica e Ingegneria elettrica dove le donne costituiscono appena il 10,4% dei laureati. Sebbene oltre la metà delle laureate di primo livello abbia seguito un corso di laurea industriale, la presenza femminile si rivela particolarmente robusta nel settore civile ed ambientale, in particolar modo nella classe di laurea Scienze e tecniche dell’edilizia dove arrivano a costituire oltre il 46% dei laureati. 

Per quanto riguarda, infine, i singoli atenei, anche nel 2020 il Politecnico di Milano e quello di Torino si confermano le principali strutture formative per gli ingegneri: quasi il 30% dei laureati in ingegneria proviene da lì. Spiccano i dati relativi alle università telematiche Pegaso di Napoli e E-campus di Novedrate che si collocano tra i primi 30 atenei in Italia per numero di laureati: circa 4 laureati in ingegneria su 100 sono stati formati in queste due università.

 

I LAUREATI IN INGEGNERIA ANNO 2020