Il Consiglio Nazionale Ingegneri commenta le conclusioni cui è giunta Anac nel suo rapporto annuale inviato in Parlamento, del tutto in linea con i dati da tempo elaborati dal Centro Studi CNI
Lo scorso giugno l’Anac ha inviato al Parlamento la sua consueta relazione sulla propria attività di vigilanza in tema di lavori pubblici relativamente alla fase di esecuzione dei contratti. Per l’anno 2022 l’Autorità vigilante ha segnalato numerose anomalie e criticità. Gran parte di esse sono relative all’aumento indiscriminato dei costi dovuto alle modifiche dei progetti posti a base di gara. In molti casi risulta approvato e realizzato un progetto diverso da quello originario, con tutto quello che ne consegue in termini di violazione del principio di concorrenza. Come di consueto, gran parte dei problemi sono connessi all’appalto integrato, ossia all’affidamento congiunto della progettazione esecutiva e della realizzazione dei lavori, che il nuovo Codice ha oltremodo liberalizzato, superando la limitazione della previgente normativa e della stessa Legge Delega.
I rilievi dell’Anac non rappresentano una sorpresa per il Consiglio Nazionale Ingegneri. La posizione del CNI di ferma contrarietà al ricorso massiccio all’appalto integrato è nota da anni. Del resto già nel 2015 i ricercatori del Centro Studi CNI avevano disegnato uno scenario perfettamente coerente con le conclusioni cui giunge oggi l’Anac.
“Questo nuovo Consiglio Nazionale, sin dal momento del suo insediamento, va ripetendo in ogni occasione pubblica che il ricorso frequente all’appalto integrato sta ostacolando pesantemente la corretta esecuzione delle opere pubbliche –commenta Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI -. Innanzitutto perché le stazioni appaltanti spesso tendono a mandare in gara progettazioni che non sono adeguatamente approfondite, riponendo eccessiva fiducia nel successivo intervento delle imprese. In secondo luogo non riscontriamo, da parte delle imprese stesse, il rispetto dei tempi garantiti in fase di gara per la progettazione esecutiva. Uno dei motivi principali risiede nel fatto che, nel corso della propria attività professionale, i progettisti indicati sono rallentati dalle indagini di mercato delle imprese, che mirano sovente ad ottenere il massimo profitto da ciascuna lavorazione”.
Il CNI ribadisce la convinzione che il nuovo Codice necessiti di correttivi mirati, le cui priorità devono essere il superamento della previsione restrittiva dei requisiti professionali dei progettisti (art. 100) e dell’eccessivo ricorso all’affidamento congiunto di progettazione ed esecuzione (art. 44).