concessione marittima

Sicuramente il buon Piero Focaccia non era presente nel Collegio di Palazzo Spada che, nella camera di consiglio del 20 ottobre 2021, ha segnato uno dei momenti storici in tema di concessioni balneari ed in tema di rapporti fra diritto eurounitario e nazionale.
Con la sentenza Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria 9 novembre 2021, n. 18, il massimo consesso della giustizia amministrativa tenta di chiudere una querelle normativo-giurisprudenziale lunga diversi decenni ed effettua un assist al Governo che, proprio in questo periodo, sta trattando di “trasparenza nelle concessioni demaniali marittime”.
Per i pochi che non ne fossero a conoscenza, l’Unione europea ha aperto diverse procedure di infrazione nei confronti del Belpaese che, con continui atti normativi, ha cristallizzato l’ambito delle concessioni demaniali marittime (leggasi “spiagge”) prorogando continuamente le concessioni bandite ed aggiudicate oltre dieci, venti, trent’anni fa. Nella stragrande maggioranza dei casi, ad un canone concessorio irrisorio ed ancorato ad indici economici altrettanto risalenti.
Il Consiglio di Stato, quindi, si allinea alla posizione dell’Unione sancendo che “è estremamente prezioso per garantire ai cittadini una gestione del patrimonio nazionale costiero e una correlata offerta di servizi pubblici più efficiente e di migliore qualità e sicurezza, potendo contribuire in misura significativa alla crescita economica e, soprattutto, alla ripresa degli investimenti di cui il Paese necessità”.
Nello specifico, il Consiglio di Stato ha previsto che le normative legislative nazionali che hanno disposto le proroghe automatiche delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative sono in contrato con il diritto eurounitario, in particolare con l’art. 49 TFUE e l’art. 12 della Direttiva 2006/123/CE (Direttiva Servizi o Bolkestein). Pertanto, così come accade in tutti i casi di contrasto fra normativa europea e nazionale, quest’ultima deve essere disapplicata.
Inoltre, i giudici si sono spinti a modulare gli effetti della sentenza al fine di limitare l’impatto socio economico, prevedendo che le attuali concessioni potranno continuare fino al 31 dicembre 2023, senza, però, alcuna possibilità di proroga ulteriore.
Un barlume di speranza per gli operatori economici che potranno/vorranno aggiudicarsi la concessione attraverso una procedura di gara. Pare che, finalmente, si scorga la luce in fondo al tunnel e si possa garantire concorrenza del settore ed economicità del servizio conseguente.