Il 2022 si è aperto con la fine, si spera, della crisi pandemica e l’inizio di un’altra crisi, quella bellica, che sta destabilizzando i mercati e le prospettive di crescita. Dalle prime analisi del commercio e dei mercati si sta assistendo, per via delle mutazioni congiunturali a livello globale, a una stabilizzazione del commercio mondiale di merci in volume e a un lento, ma progressivo, deterioramento delle prospettive per gli scambi internazionali.


Per la prima volta da oltre un anno il PMI globale sui nuovi ordinativi all’export di marzo è, infatti, sceso sotto la soglia di espansione, segnalando una possibile contrazione della domanda internazionale nei prossimi mesi dovuta principalmente al progressivo aumento dei prezzi delle materie prime. Gli aumenti sono determinati soprattutto dalla difficile situazione internazionale la cui evoluzione al momento è estremamente incerta.


Il conflitto e la conseguente lotta geopolitica ed economica hanno infatti repentinamente accentuato le tensioni nei mercati delle materie prime innescate già nel 2021 dai vincoli all’offerta e dagli effetti espansivi dovuti alla fine delle restrizioni al commercio causate dalla pandemia. Secondo i dati internazionali, esaminati a livello globale, a marzo 2022 hanno continuato ad aumentare esponenzialmente anche in termini congiunturali sia prezzi del gas europeo (+56%) che, in misura minore, quelli del petrolio (+21%) che dei beni alimentari (+11,6%), tutti beni fondamentali il cui aumento è non dovrebbe conoscere nessun tipo di freno anche per i prossimi mesi.


L’accelerazione dell’inflazione si è manifestata a metà del 2021 negli Stati Uniti ed è stata favorita anche dalla forte ripresa economica, negli States il tasso tendenziale di inflazione al consumo a marzo è arrivato a sfiorare i valori massimi dell’8,5%. Trainato dalla economia americana, l’aumento dei prezzi si è diffuso velocemente anche all’area dell’euro a partire dalla fine dello scorso anno ed è stato spinto verso l’alto, soprattutto, dal forte aumento delle quotazioni del gas sul mercato europeo. A marzo, in termini tendenziali il livello dei tassi di inflazione euro headline (7,5% da 5,9% di febbraio), e quella core, al 3,2%, si sono collocate sui massimi dal 1998.
Nonostante questo scenario, dalla rilevazione mensile ISTAT, i numeri della economia italiana continuano a essere buoni. Nel mese di febbraio, la produzione industriale ha fatto infatti registrare un deciso rimbalzo congiunturale, lasciando intravedere per marzo e i mesi successivi un livello di crescita e attività economica in generale uguali a quelli di febbraio.


I segnali positivi provenienti dal mercato del lavoro, a febbraio, sono rimasti inalterati con un aumento dell’occupazione e una flessione della disoccupazione e dell’inattività. Tuttavia, a causa della elevata inflazione. le attese delle imprese sull’andamento dell’occupazione potrebbero presto iniziare a presentare segnali molto meno favorevoli.


A marzo, inoltre, è proseguita la fase di aumento dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo IPCA (+7,0% in termini tendenziali) ma il differenziale inflazionistico con l’area euro è tornato negativo come effetto dell’ampliamento dei gap di prezzo e reperibilità relativi ai beni industriali non energetici e ai servizi.


L’impatto della guerra sull’economia italiana rimane ancora però di difficile misurazione e non è al momento valutabile. Infatti, contrariamente alle crisi belliche pregresse, questa guerra sta avvenendo all’interno di una fase anticiclica caratterizzata da una crescita di alcuni settori economici, degli investimenti e del mercato del lavoro. Nonostante l’accelerazione dell’inflazione, l’attuale tasso di investimento, tornato ai livelli del 2008, e l’ancora elevata propensione al risparmio potrebbero rappresentare, secondo gli analisti dell’ISTAT, veri e propri punti di forza per lo sviluppo dell’economia nei prossimi mesi.