L’Istat ha rivisto al ribasso le stime inflazionistiche per questo scorcio di anno in corso. Infatti, secondo le statistiche, nel mese di aprile 2022, l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, ha fatto registrare una diminuzione dello 0,1% su base mensile e un aumento del 6,0% su base annua. Tale aumento, se pur sostenuto non è paragonabile ne al 6,5% di marzo ne alle precedenti stime che vedevano il dato relativo all’aumento dei prezzi in netta crescita.

 Questo primo rallentamento dell’inflazione su base tendenziale è stato principalmente determinato dal calo del prezzi dei beni Energetici (la cui crescita è passata dal record del +50,9% di marzo a +39,5% di aprile). Sicuramente l’azione del governo è stata determinante nell’influenzare tale dinamica, infatti alcune importanti misure correttive, come l’inclusione del bonus energia (elettricità e gas) nel calcolo degli indici dei prezzi al consumo, ha fatto scendere un indice la cui ascesa sembrava per molti analisti inarrestabile.

 Nonostante questo primo timido calo, i dati rimangono sempre molto contrastanti, infatti l’inflazione acquisita per il 2022 si attesta su un livello pari a +5,2% per l’indice generale e a un +2,0% per la componente di fondo. Su base annua, invece, si è fatto notare un rallentamento dei prezzi dei beni (da +9,8% a +8,7%), mentre quelli dei servizi che sono passati da +1,8% a un +2,1%, hanno subito una accelerazione. Il differenziale inflazionistico negativo ha comunque subito un netto rallentamento: tra questi ultimi dati rilevati e i prezzi dei beni si è passato da -8,0 punti percentuali di marzo a -6,6 di aprile.

 Analizzando i singoli dati, invece, si nota come i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona abbiano accelerato passando dal +5,0% al +5,7%, mentre quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto abbiano rallentato (da +6,5% a +5,8%). Anche questo lieve calo congiunturale dell’indice generale è stato dovuto in gran parte ai prezzi degli Energetici regolamentati (-12,5%) e, in misura minore, di quelli non regolamentati (-3,9%), la cui diminuzione è stata in parte compensata dalla crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (+2,8%), degli Alimentari lavorati (+1,6%), degli Alimentari non lavorati (+0,8%) e dei Beni non durevoli (+0,6%).

 A destare ancora allarme è però l’indice armonizzato dei prezzi al consumo (IPCA), tale indice ha infatti registrato un aumento su base mensile dello 0,4% e del 6,3% su base annua (da +6,8% nel mese precedente); è opportuno sottolineare, comunque, che la stima preliminare prevedeva un aumento +6,6%. L’aumento congiunturale dell’IPCA, a differenza del lieve calo registrato dal NIC, può essere spiegato dalla fine dei saldi stagionali prolungatisi in parte anche a marzo e di cui il NIC non tiene conto. L’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI), al netto dei tabacchi, ha fatto vedere un calo dello 0,2% su base mensile, mentre l’aumento del 5,8% su base annua dimostra come il paese si trovi ancora in piena tempesta inflazionistica.