Uno dei programmi a lungo termine della Banca Centrale Europea è sempre stato quello di tenere l’inflazione sotto controllo. La BCE infatti ha sempre avuto come obiettivo quello di mantenere questo dato sempre al di sotto il 2%, ma gli eventi degli ultimi due anni (pandemia e guerra in Ucraina), hanno stravolto questo modello strategico e hanno fatto schizzare l’inflazione reale su livelli che non si erano mai registrarti prima, su livelli, per intenderci, molto vicini a quelli registrati a ridosso dei primi anni 90. Non serviva certo un esperto di economia per prevedere che, a causa delle avventate e inutili chiusure in seguito alla pandemia, la contrazione di domanda avrebbe portato, una volta riaperto il paese, a uno shock economico in cui l’esplosione della domanda stessa genera un aumento immediato e incontrollato dei prezzi. Questo scenario è stato anche aggravato dall’aumento dei costi dei prodotti energetici causati dalle frettolose e goffe sanzioni alla Russia, sanzioni il cui effetto boomerang è sotto gli occhi di tutti.

 Per questo motivo alla BCE sono corsi ai ripari e il messaggio che ne è uscito è stato chiaro: «Intendiamo innalzare i tassi di interesse di riferimento della BCE di 25 punti base con la riunione di politica monetaria di luglio», ha spiegato la presidente della Banca Centrale Europea, Christine Lagarde e, «su un periodo più esteso, ci attendiamo un nuovo aumento dei tassi di riferimento a settembre».

 L’obiettivo di questa mossa è quello di fare scendere l’inflazione dal 6,8% attuale al 2,1% del 2024, ma questa strategia non è esente da rischi e da problematicità serie per economie, come quella italiana, che hanno un forte deficit di materie prime energetiche e che hanno una struttura basata su realtà imprenditoriali piccole, realtà composte da aziende familiari e liberi professionisti.

 Inoltre, oltre all’inflazione incontrollata, l’Italia vive in una situazione di possibile stagflazione e, ad aumentare le preoccupazioni delle imprese, ha contribuito anche l’altra mossa della BCE, ovvero quella di mettere fine ai piani di acquisti di titoli di Stato e obbligazioni delle banche UE, piani che erano stati decisi per fronteggiare la pandemia con l’obiettivo di compensare le tensioni sul debito degli Stati determinate dalla crisi economica.

 Questa duplice mossa ha infatti fatto schizzare verso l’alto lo spettro dello spread, spettro che evoca periodi bui della nostra democrazia in cui l’economia italiana, e il mondo delle imprese e del lavoro più in generale, venivano falcidiate dal governo Monti.

 L’allarme per famiglie e imprese di questa doppia mossa della BCE non va sottovalutato perché potrebbe portare a una recessione che il nostro paese non è in grado di affrontare. Infatti, in seguito a questa doppia mossa della Lagarde, quelle imprese che hanno sottoscritto mutui con interessi variabili potrebbero vedersi addebitate somme che non possono essere onorate, oppure l’aumento del debito pubblico potrebbe vanificare gli sforzi generati dalle ambizioni del PNRR.